DICHIARAZIONE DI GUERRA - “Fiat ci ha informato che sta riconsiderando i costi e benefici di una ulteriore espansione della sua relazione con noi e i termini in base ai quali Fiat proseguirebbe la condivisione di tecnologia, impianti produttivi e risorse manageriali e ingegneristiche”. È quanto è scritto nel prospetto ufficiale depositato dalla Chrysler presso le autorità borsistiche di New York in preparazione della quotazione della società.
FINANZA E INDUSTRIA - Se la questione del ritorno in Borsa della Chrysler (ne era uscita nel 1998) è questione da specialisti quel che si comprende bene è che tra la Fiat e il Veba (fondo assistenziale del sindacato UAW, detentore del 41,5% delle azioni Chrysler) è ormai in corso un braccio di ferro. La Fiat vuole le azioni del Veba; quest’ultimo vuole venderle, ma le due parti non si mettono d’accordo sul prezzo. La Fiat propone un po’ meno di 5 miliardi di dollari, il sindacato ne chiede più del doppio. E il giudice a cui si sono rivolti per avere una valutazione esterna ha detto che si esprimerà tra parecchi mesi.
MARCHIONNE IN BORSA MALVOLENTIERI - Il ricorso alla Borsa sarebbe dunque un modo per superare lo stallo, ma è anche un modo per fare pressioni sulla Fiat. Per la Fiat e per Marchionne questa strada è negativa perché rischia di creare problemi alla strategia di sviluppo della Chrysler e del gruppo. In proposito, sempre nel documento presentato in vista della quotazione in Borsa, la Chrysler ha anche scritto: “Fiat ci ha informato che sta valutando i potenziali effetti dell’offerta pubblica” - cioè la vendita delle azioni in Borsa di azioni del fondo di assistenza sindacale - “su come vede l’alleanza Fiat-Chrysler e considerare se continuare o no ad ampliare l’alleanza al di là degli esistenti impegni contrattuali”. Come si vede un’altra bordata che vuole mettere in chiaro come per la Fiat e Marchionne l’obiettivo è di acquisire la quota di azioni del sindacato senza passare dalla Borsa.
SCONTRO DURO - Non ci sono dubbi che si tratta di un braccio di ferro, e - come sostengono alcuni analisti - prima di arrivare al concreto avvio della quotazione in Borsa (previsto per l’inizio del 2014) magari si arriverà a un accordo - ma i toni raggiunti sono da vero e proprio scontro finale, tanto da paventare appunto la fine della collaborazione tecnica e industriale. In un quadro in cui la Fiat è nella parte di chi porta tecnologia e know-how a beneficio della Chrysler, e non il contrario.
FIAT NEL BENE E NEL MALE - Ma le cose complesse sono anche contorte. Prima la Chrysler mette nero su bianco che la Fiat è la parte forte in tutta la vicenda dal 2009 a oggi, attribuendo a lei il merito del recupero della salute economica della Chrysler. Poi afferma che se non ci sarà la fusione (cioè l’acquisizione del 100% delle azioni della Chrysler da parte della Fiat) la Chrysler rischierà perché “l'alleanza con la Fiat espone la Chrysler indirettamente a rischi associati alle attività proprie di Fiat e alle sue condizioni finanziarie”. Insomma, la Fiat è fondamentale per lo sviluppo, ma se non c’è la fusione la Fiat diventa la zavorra che fa andare a fondo tutto.