ACCUSE DI SCORRETTEZZA - Un articolo del Financial Time ha sollevato seri dubbi sulla validità degli esiti ufficiali della commissione tecnica indipendente voluta dal ministro dell’Ambiente francese Ségolene Royal dopo lo scandalo Dieselgate con lo scopo di verificare quale fosse la situazione anche per le vetture degli altri costruttori oltre la Volkswagen. Il servizio del quotidiano economico inglese si basa su quanto riferito da tre membri della stessa commissione (composta da 17 membri) e in sostanza contiene l’accusa secondo cui il lavoro della commissione sarebbe stato “purgato” di parti che avrebbero danneggiato la Renault, di cui lo Stato francese è azionista per il 19,4%. In pratica ci sarebbe stato una evidente situazione di conflitto di interessi.
QUADRO NON BUONO - Va ricordato che la relazione conclusiva dei lavori della commissione aveva messo in luce numerosi “superamenti” dei limiti di legge per quel che riguarda le emissioni dei diesel, ma evitando di creare un polverone. Sottolineato che i risultati erano allarmanti, la commissione aveva concluso con l’auspicio-invito che si procedesse a nuove prove ufficiali, ciò perché oltre a rilevare valori di scarichi fuori dalla norma, aveva incontrato non poca reticenza da parte delle case di fronte alle richieste di chiarimenti e di informazioni tecniche più dettagliate. Il già grigio quadro delineato dalla relazione conclusiva della commissione è stato ora ulteriormente peggiorato con il sospetto di vere e proprie “censure” praticate per salvaguardare il valore della Renault. L’accusa proviene dall’interno stesso della commissione. A parlare al Financial Times sono infatti stati tre membri della stessa commissione. Due hanno richiesto che fosse mantenuto l’anonimato, il terzo è Charlotte Lepitre, dell’associazione ecologista France Nature Environnement.
PUBBLICAZIONE PARZIALE - Secondo quanto sostenuto dai tre “ex commissari”, la relazione ufficiale ha ignorato alcuni elementi tecnici pur rilevati dai commissari nel corso dei test e delle prove su strada. Uno dei modelli interessato da questo comportamento sarebbe la Renault Captur (nella foto). L’articolo del Financial Times lancia il dubbio che la Captur fosse dotata di un software particolare, in grado di far avere scarichi di NOx (ossido di azoto) in regola con la legge durante i test, mentre una volta terminato il test di omologazione, il motore diventerebbe ben più pesante. Va ricordato che il rapporto conclusivo della commissione Royal non ha fornito il dettaglio di tutti i test compiuti sulle 86 vetture prese in considerazione con tre test per ciascuna: quello secondo lo schema di omologazione, in laboratorio sul banco a rulli; un altro test in laboratorio ma con un ciclo differente rispetto a quello di omologazione, e infine il terzo test è quello effettuato su strada (pista per la precisione) con strumentazione di rilevamento a bordo e con l’obiettivo di guidare con guida stradale normale.
LE SMENTITE - La Renault ha negato che le sue vetture siano dotate di software “furbi” capaci di far cambiare modi di funzionamento al motore. Al tempo steso il ministro dell’Ambiente Segolene Royal ha smentito che il rapporto sia stato elaborato dal ministero.