TERREMOTO IN ATTO - Da metà settembre del 2015 le notizie sulla vicenda Dieselgate che ha travolto la Volkswagen si sono succedute a ritmo serrato. Quasi sempre però si è trattato di novità relative agli aspetti economici legati alle vicende giudiziarie. In particolare dalla Germania sono arrivate principalmente notizie sulle iniziative dei giudici e i comunicati ufficiali della casa automobilistica sull’attività relativa al proprio riordino organizzativo. I positivi risultati industriali e commerciali comunque realizzati (le vendite non hanno risentito dello scandalo e il gruppo è il numero 1 al mondo, qui per saperne di più) hanno fatto pensare che il sistema Volkswagen e il sistema Germania stesero sopportando la vicenda con facilità. Stando però alle notizie degli ultimi giorni pare che le cose non stiano così e che anzi ci sia una somma di malumori che potrebbe significare l’avvio dello sgretolamento della saldezza del sistema. In particolare l’avvio di un processo che riveda la stessa natura della Volkswagen e quindi del suo modo di esistere. Una realtà che ha le sue radici nella storia tedesca, cioè negli anni dopo la fine della guerra, quando la Volkswagen era una società pubblica ereditata dal nazismo e per la quale fu elaborato uno statuto pubblico del tutto anomalo.
INGANNATI GLI ORGANISMI TECNICI? - A proposito degli aspetti tecnici, in Germania è stato scritto che il KBA, l’ufficio federale dei trasporti, preposto ai controlli sugli automezzi e responsabile delle omologazioni dei veicoli, nel novembre del 2015 aveva scritto alla Volkswagen che da lì in avanti avrebbe scelto lui gli esemplari di auto da testare per la misura delle emissioni e che nelle procedure avrebbe fatto partecipare dei tecnici indipendenti. Ciò perché aveva il sospetto che le auto testate fino ad allora non fossero corrispondenti a quelle di serie.
L’INCHIESTA SI ALLARGA - Per quel che riguarda la magistratura, la procura federale che sta indagando sulla vicenda ha fatto sapere di aver allargato le indagini portando le persone coinvolte da 21 a 37, e tra queste persone c’è anche Martin Winterkorn, l’ex amministratore delegato del gruppo. Winterkorn ha sempre sostenuto di non essere stato a conoscenza del dispositivo illegale, ma secondo gli investigatori la cosa potrebbe non essere vera, da ciò le indagini anche per frode. Finora il top manager era indagato per mancata informazione al mercato azionario (lo scandalo fece perdere moltissimo alle azioni Volkswagen, con gravi danni per gli azionisti). La messa sotto indagine del vertice del gruppo apre la possibilità che la responsabilità di tutta la vicenda diventa responsabilità della stessa società e non di singoli, con enorme danno per la credibilità e non solo. L’eventualità avrebbe ulteriori costi economici aggiuntivi.
IL GIUDICE STIMATO SE NE VA - Altra notizia proveniente dalla Germania sono le dimissioni rassegnate da Christine Hohmann-Dennhardt, autorevole magistrato di lunga e prestigiosa carriera che subito dopo lo scoppio dello scandalo era stata chiamata in Volkswagen con l’incarico di direttrice degli affari legali. La sua missione avrebbe dovuto essere proprio quello di dare un nuovo assetto giuridico-legale all’azienda e al suo modo di funzionare per rimuovere le cause che avevano consentito il verificarsi di quanto successo. La Hohmann-Dennhardt ha ora gettato la spugna, come evidente manifestazione di insoddisfazione. Un comunicato del gruppo così riferisce le dimissioni: “Volkswagen e Christine Hohmann-Dennhardt si separano in ragione di differenti vedute sulle responsabilità e delle strutture operative future in merito alla funzione che lei dirige”. Parole abbastanza criptiche, dietro alle quali ci sono evidenti divergenze su come affrontare la vicenda. E dato che la Hohmann-Dennhardt è figura di grande profilo in Germania non è un fatto positivo per la Volkswagen.
LE CRITICHE DEL POLITICO AZIONISTA - Infine, la politica. Stephan Weil, ministro-presidente del Land della Bassa Sassonia, dove ha sede la Volkswagen, ha rilasciato dichiarazioni che pur con molta circospezione dialettica non risparmiano critiche alla Volkswagen e al suo management. Le parole di Weil sono importanti perché il Land da lui guidato detiene il 20% del pacchetto azionario della Volkswagen, per di più con diritto di veto su questioni rilevanti. “È indiscutibile: Volkswagen ha fatto degli errori gravi, per parecchi anni e anche dopo che gli americani hanno scoperto le sue infrazioni della legge”. Il politico tedesco commenta anche il fatto che la Volkswagen non intenda più pubblicare un rapporto sullo scandalo Dieselgate. “Se qualcuno vuole leggere un rapporto che descriva in maniera sintetica gli sviluppi della vicenda, gli consiglio di guardare il sito Internet del ministero della Giustizia americano. Ci si trova lo stato dei fatti, compresi i risultati dell’inchiesta dello studio legale Jones Day, commissionato dalla Volkswagen. È frutto di centinaia di interviste e della raccolta di una grande massa di dati. Rimando a questo rapporto perché certamente non edulcora le cose”. Detto questo Weil afferma di non essere comunque soddisfatto e che il lavoro di indagine prosegue per “verificare eventuali responsabilità di membri degli organismi di direzione”.