IL DETTAGLIO PESANTE DELL’ACCUSA - Si è arricchita di particolari la notizia dell’avvio di una causa civile contro la
Volkswagen da parte della Giustizia americana per la vicenda
Dieselgate. Particolari che rendono ancora più cupe le prospettive per il gruppo tedesco. Le sanzioni previste per le violazioni alla base della procedura potrebbero ammontare a una cifra insostenibile, fino a una ottantina di miliardi di dollari. Quanto l’ipotesi sia spaventosa lo sta testimoniando la Borsa, dove i titoli Volkswagen già ieri hanno perso un altro 7% dopo le pesanti perdite del settembre scorso e questa mattina, 7 gennaio, alle 10 accusavano un altro calo del 9,2%.
BRACCIO DI FERRO A SUON DI MILIARDI - Le notizie provenienti dagli Usa aggiungono anche che gli esperti di questioni giudiziarie fanno presente che la giurisprudenza testimonia che in cause simili le sentenze non hanno mai inflitto le sanzioni massime possibili, che in pratica sarebbero minacciate per indurre le parti sotto accusa ad accettare transazioni su valori minori. Fatto sta però che gli 80 miliardi di dollari di multe sono una ipotesi reale, messa nero su bianco nelle 31 pagine dell’atto di accusa depositato dalle autorità federali americane presso la corte competente (Michigan occidentale, in cui hanno sedi e svolgono attività le società americane del gruppo).
OGNI INFRAZIONE UNA MULTA - L’astronomica cifra di 80 miliardi è il risultato della somma delle possibili sanzioni previste per ognuna delle quattro accuse mosse alla varie società del gruppo Volkswagen coinvolte. Queste ultime sono la casa madre Volkswagen AG, l’Audi AG, la Volkswagen Group of America, la Volkswagen Group of America Chattanooga Operations, la Porsche AG e la Porsche Cars North America. In pratica le società che sono state protagoniste dell’importazione e la vendita dei veicoli e dei software incriminati, cioè circa 500 mila vetture mosse dal motore turbodiesel 2.0 litri e circa 80 mila con il V6 3.0.
CONTO DETTAGLIATO - Il meccanismo che porta all’importo degli 80 miliardi è legato alla formulazione dell’accusa. Secondo la Procura federale ci sono state quattro violazioni alle leggi sull’ambiente e altre più generali, e per ognuna di queste infrazioni va inflitta una sanzione a sé stante. Tenendo conto che per tre delle violazioni la sanzione è prevista “per ogni veicolo” interessato e per la quarta violazione si parla di sanzione “per ogni giorno” di illecito, si comprende come il conto della Giustizia americana può davvero arrivare a livelli insopportabili per il gruppo Volkswagen. Ecco di seguito il dettaglio delle violazioni di cui le società del gruppo Volkswagen sono accusate, con le relative sanzioni previste.
PRIMA VIOLAZIONE - Importazione e vendita di veicoli privi dell’obbligatorio certificato di conformità alle norme sulla protezione dell’ambiente. La sanzione prevista dalla legge è di 32.500 dollari per ogni veicoli importato e venduto prima del 13 gennaio 2009 e di 37.500 dollari per quelli venduti dopo il 13 gennaio 2009.
SECONDA VIOLAZIONE - Realizzazione,vendita, offerta o installazione di software irregolari destinati ai motori turbodiesel EA 189 2.0 e V6 3.0 . In questo caso la sanzione prevista è di 2.750 dollari per ogni veicoli importato e venduto prima del 13 gennaio 2009 e di 3.750 dollari per quelli venduti dopo il 13 gennaio 2009.
TERZA VIOLAZIONE - La manomissione: la Procura federale muove al gruppo Volkswagen una accusa specifica per l’aver manomesso i veicoli al centro della questione. Per questo reato la sanzione è di 32.500 dollari per ogni veicolo importato e venduto prima del 13 gennaio 2009 e di 37.500 dollari per quelli venduti dopo il 13 gennaio 2009.
QUARTA VIOLAZIONE - È l’accusa forse più imbarazzante sotto il profilo giudiziario: l’aver negato le informazioni richieste dalle autorità che cercavano di spiegare il comportamento anomalo dei veicoli testati (e cioè emissioni regolari durante i cicli di rilevamento in laboratorio, sui rulli, e emissioni fortemente irregolari nelle prove su strada). L’accusa è che per un lungo periodo la Volkswagen ha dato ripetutamente risposte insufficienti o parziali, prima di decidersi (a metà settembre 2015) ad ammettere l’esistenza del software che escludeva le regolazioni della centralina capaci di far rispettare i limiti di emissioni. Va ricordato che la vicenda cominciò nel maggio del 2014 quando l’Università della West Virginia pubblicò i risultati di test compiuti su veicoli Volkswagen in base a quanto le era stato richiesto dall’International Council on Clean Transportation. L’atto di accusa che avvia la procedura civile contro la Volkswagen ricorda che questa infrazione comporta una sanzione di 32.500 dollari o 37.500 dollari (sempre a seconda della data in cui è stata commesso l’illecito) “per day of violation”, cioè per ogni giorno di violazione.
RITARDI IN EUROPA - Ma non è tutto. Sempre dall’America, il giorno della Befana è arrivata un’altra notizia che mette la Volkswagen sotto una cattiva luce. E questa volta non riguarda il versante americano della vicenda Dieselgate, ma quella europea delle emissioni di CO2 non regolari. Il quotidiano Wall Street Journal ha riportato che la Volkswagen non ha rispettato i tempi a cui si era impegnata per comunicare alle autorità dell’Unione Europea i dati precisi sulle emissioni di CO2 delle vetture vendute in Europa. La casa tedesca si era impegnata a fornirli per il 31 dicembre 2015 ma durante le feste di fine anno ha inviato una lettera all’UE dicendo di non essere ancora in grado di fornire le notizie richieste e chiedeva un altro mese di tempo.
CHI INSINUA IL COMPLOTTO - Infine, va aggiunto anche che la gestione della vicenda Dieselgate da parte delle autorità americane, in Germania comincia ad avere interpretazioni complottiste, e non da soggetti secondari. L’autorevole figura politica Michel Fuchs, vicepresidente del gruppo dei parlamentari conservatori al Bundestag e considerato molto vicino alla cancelliera Angela Merkel, ha dichiarato di cominciare a pensare che “le autorità americane stiano correndo il rischio di perseguire una politica industriale aggressiva volta a favorire l’industria automobilistica americana nei confronti di quella tedesca”. Una posizione che richiama ancora più attenzione sul viaggio che il capo del gruppo Volkswagen Matthias Müller avrà nei prossimi giorni con le autorità americane durante un suo viaggio negli Stati Uniti.
E GLI INVESTITORI FUGGONO - Intanto stamattina alla Borsa di Francoforte il titolo Volkswagen alle 10 perdeva un altro 9,22% rispetto al giorno precedente.