AVREBBE MENTITO ALLE AUTORITÀ - Mercoledì 6 dicembre verrà emessa la sentenza nei confronti di Oliver Schmidt (nella foto), ex manager della Volkswagen dichiaratosi colpevole nei giorni scorsi in relazione al processo sulle emissioni taroccate di ossidi d’azoto, il Dieselgate, costato all’azienda oltre 20 miliardi di dollari fra multe e compensazioni. Schmidt è stato fermato a inizio gennaio 2017 e paga il suo ruolo di responsabile dell’ufficio che gestisce le questioni ambientali e regolatorie negli Stati Uniti, dov’è rimasto dal 2014 fino a marzo 2015. Schmidt era la persona che gestiva i rapporti fra l’azienda e le autorità in merito alle vicende sull’inquinamento, quindi una delle prime a dover sapere dell’esistenza di un software per falsificare i test sulle emissioni nelle centraline delle vetture. Le autorità lo accusano di aver mentito nel 2014 per coprire l’azienda quando gli inquirenti stavano già indagando sul problema delle emissioni.
CADUTI 9 CAPI D’ACCUSA - Schmidt ha accettato di finire davanti al giudice e farsi processare per le accuse di truffa nei confronti del governo federale e di violazione del Clean Air Act, la legge federale in cui sono contenute le norme da rispettare sul fronte dell’inquinamento. Il giudice non procederà con l’accusa di aver aiutato e favorito la truffa, dopo quello che appare come un accordo con i legali dell’uomo: stando a quanto riporta il New York Times, su Schmidt pesavano 11 capi d’accusa e sanzioni fino a 169 anni di carcere. Le pene massime previste per i due capi d’accusa sono fino a 5 anni di reclusione e 250.000 dollari di multa per la truffa e fino a 2 anni e 250.000 dollari per la violazione. Schmidt rispondeva direttamente a Heinz-Jakob Neusser, a capo dello sviluppo dei motori per il gruppo, fra le 8 persone negli Stati Uniti ad essere accusate di vari reati in relazione al Dieselgate. Neusser però vive in Germania e difficilmente sarà processato negli Usa.