I COMPLIMENTI DI TRUMP - Nel quadro di rapporti difficili evidenziatosi recentemente tra le case automobilistiche e il presidente eletto Donald Trump, fa effetto leggere delle parole cortesi scritte su Twitter da Trump nei confronti del gruppo FCA. Fa effetto, ma le ragioni non mancano: il presidente eletto Donald Trump ha pubblicamente ringraziato la FCA per la sua decisione di investire circa un miliardo di dollari per potenziare la sua attività negli Stati Uniti. Ciò mentre nelle settimane scorse Ford, General Motors e Toyota sono state esplicitamente citate e messe sotto accusa da Trump per la loro attività produttiva in Messico per auto vendute negli Stati Uniti.
SCHERMAGLIE DIALETTICHE - Sergio Marchionne, capo della FCA, ha risposto che è una cosa dovuta, ma fatto sta che nel quadro diffuso di insediamenti all’estero al fine di trovare le migliori condizioni economiche per produrre, si fa notare la decisione di procedere all’ammodernamento di vecchi impianti americani destinati a nuove produzioni. L’investimento di un miliardo di dollari riguarda infatti lo stabilimento di Warren (nella foto qui sotto), dove dovranno essere fabbricate la Jeep Wagoneer e la Grand Wagoneer, oltre alla trasformazione della sede di Toledo dove è prevista la fabbricazione del pick-up Jeep sviluppato sulla base della Wrangler.
2000 NUOVI POSTI DI LAVORO - I programmi per i due interventi prevedono la conclusione dei lavori e avvio della produzione per il 2020, con l’assunzione di circa 2.000 nuovi addetti. Il piano conferma quanto era stato delineato negli accordi del 2015 siglati dalla casa con i sindacati, ma contiene anche elementi nuovi, che appuntano evidenziano la sintonia con i desiderata di Trump a proposito degli impianti all’estero. Nel comunicare la decisione dell’investimento, il gruppo FCA ha infatti voluto sottolineare come “l’ammodernamento dell’impianto di Warren consentirà di produrre anche il mezzo pesante RAM attualmente fabbricato in Messico”. E questa è una novità.
RITORNO A CASA - Va comunque detto che l’iniziativa è stata commentata dallo stesso Sergio Marchionne come “completamento della trasformazione degli impianti volta rispondere ai gusti del mercato favorevoli a pick-up e suv e a rafforzare il dispositivo produttivo nel cuore del mercato di questo tipo di veicoli. La tendenza comunque appare chiara: a fronte degli orientamenti politico-economici di Trump (modifica della rigida nuova normativa sui consumi, detassazione delle fabbriche e revisione del trattato di libero scambio tra USA, Canada e Messico con introduzione di una pesante tassa d’importazione sui beni prodotti nelle fabbriche messicane, oggi utilizzate da parecchi costruttori per produrre veicoli poi importati negli USA) i grandi gruppi automobilistici stanno modificando rapidamente i loro programmi rivalutando la produzione negli USA.
ALLEANZA CON LA GM - Dopo aver ricevuto i complimenti da Trump per l’investimento da un miliardo di dollari negli USA, Sergio Marchionne ha rilanciato: “Per quanto ne capisco, credo che al presidente eletto dovrebbe piacere una fusione tra Fiat Chrysler e General Motors”. Marchionne ha poi aggiunto: “Gli obiettivi per il 2018 sono semplicissimi”. Cioè: “Nove miliardi di utile operativo, 5 miliardi di utile netto e 5 miliardi di cassa a fine anno”. E infine: “Spero che il bilancio 2018 sarà l’ultimo che firmerò”. Confermando così la sua uscita.
E ANCHE VOLKSWAGEN INVESTE NEGLI USA - Nei giorni scorsi era stata la Ford ad annunciare l’annullamento di un programma da 1,6 miliardi di dollari che prevedeva la realizzazione di uno stabilimento in Messico. Contemporaneamente, la stessa Ford ha annunciato il programma di un intervento negli USA per 700 milioni. Ora è la volta del gruppo FCA, che delinea la sua iniziativa da un miliardo. Ciò mentre da parte della Volkswagen c’è stato l’annuncio di un piano di investimenti negli Stati Uniti per 7 miliardi di dollari nel periodo tra 2015 e 2019. La casa tedesca avvierà la produzione della nuova suv Atlas nella sua fabbrica in Tennesee. Ciò anche se i vertici della casa hanno tenuto a precisare che non c’è rapporto tra queste iniziative e le vicende politiche di Washington. Hinrich Woebcken, capo della Volkswagen North America, ha precisato: “Noi non decidiamo gli investimenti sulla base dei cicli amministrativi, ma su previsioni a 8, 12 o 14 anni”.