VUOLE CAMBIARE PAGINA - Non nasce certo nel segno della continuità la nuova
Ferrari che nel 2015 è chiamata a riscattare un 2014 più deludente che mai: primo anno senza vittorie per Maranello dopo il 1993 - anche se allora il digiuno si era protratto dal 1991 a metà 1994, quando Berger vinse un rocambolesco Gran Premio di Germania. La
Ferrari SF15-T, questa la sigla ufficiale, sostituisce la sfortunata F14T: è la prima Ferrari del post-rivoluzione, la prima dell'epoca Marchionne-Arrivabene, nata dal progetto di James Allison.
CHI SI RIVEDE - I più attenti, tuttavia, a prescindere dai propositi di Allison (“Scaricherà più potenza a terra”, “Più bella e veloce del 2014”) e dalla prudenza di Arrivabene (che ha fissato in un paio di Gran Premi vittoriosi l'obiettivo di stagione), possono notare un marchio fare capolino poco davanti alle ruote posteriori: il logo dell'Alfa Romeo (foto qui sopra), che ha scalzato quello della Fiat che da tempo immemorabile faceva bella mostra di sé sulle Ferrari di F1.
ANTESIGNANA - Mentre appare evidente come questo sia un proposito di rilancio in questo 2015 che vedrà l'esordio della prima berlina Alfa Romeo della nuova era, per gli amanti della statistica è dal Gran Premio d'Australia del 1986 che un'auto con lo stemma del Biscione non calca una pista di Formula 1. In quell'anno, si esaurì la seconda esperienza dell'Alfa nella massima formula, con risultati ben meno eclatanti della prima quando, agli albori della Formula 1, le stagioni 1950 e 1951 fruttarono altrettanti titoli iridati con Farina e Fangio.
L'Alfa Romeo 182T di Formula 1 del 1982.
UN RITORNO AVARO DI SODDISFAZIONI - Escludendo l'esperienza come motorista - con forniture ufficiali alla Brabham nel 1978-79, ma anche con il coraggioso Andrea De Adamich che installò un V8 sulla propria McLaren non ufficiale nel 1970 e sulla March nel 1971 - l'apice fu raggiunto nel 1980, nella seconda parte di stagione, dopo il ritorno da costruttore nel 1979: smaltita la tragedia di Hockenheim che costò la vita a Patrick Depailler, toccò al bresciano Bruno Giacomelli, affiancato prima da Vittorio Brambilla e poi dal giovanissimo Andrea De Cesaris, siglare una pole a Watkins Glen.
LAMPI DI GLORIA - Fu tradito da una bobina dopo 32 giri, mentre comandava con ampio margine sugli inseguitori: unico lampo di una carriera lunga, onesta e sin troppo sottovalutata. Il 1981 salutò il podio di Giacomelli a Las Vegas, l'anno successivo quello di De Cesaris a Monaco, entrambe le volte in terza posizione (e il romano, a Long Beach, siglò una fantastica pole che non ebbe tuttavia seguito in gara). De Cesaris fece meglio nel 1983, secondo in Germania e in Sudafrica, nel primo anno del turbo made in Arese. Il 1984 fu l'ultimo fuoco, con Patrese terzo a Monza, con un'Alfa Romeo in crisi di liquidità che aveva nel frattempo ceduto la struttura agonistica all'Euroracing; il 1985 il canto del cigno, con un malinconico “zero” alla casella punti conquistati. Ora il ritorno, sulla fiancata della Ferrari: per i più ottimisti, un viatico per un'Alfa da corsa, magari oltreoceano o nell'endurance.