Capita a volte, per fortuna non troppo di frequente, che ci si interessa a un modello, si sceglie l’allestimento più affine alle proprie esigenze, magari scendendo a compromessi con i molteplici desideri che si riscontrano in famiglia, e poi si scopre che quell’auto, o meglio, quella versione non è più a listino. Perché accade questo? In genere per via delle strategie di produzione e marketing delle Case che, con gli aggiornamenti tecnici sempre più frequenti, per via dell’evoluzione delle normative antinquinamento e con le “razionalizzazioni” delle gamme tese a eliminare le varianti meno richieste per alleggerire i futuri stock dei concessionari, tendono a mantenere a listino solo le versioni più vendute. Ultimamente hanno dato l’addio parecchie versioni diesel di modelli best-seller e sono sparite alcune varianti a trazione integrale e altre con cambio automatico di autovetture ancora molto richieste, forse anche allo scopo di abbassare il livello medio delle emissioni inquinanti dei modelli di quel marchio.
Prima di darsi per vinti e rinunciare al modello preferito e più vicino alle personali necessità, un ultimo tentativo è d’obbligo. Da mettere in atto soprattutto navigando tra i siti internet dei concessionari più grandi, dove l’auto che state cercando può essere disponibile ancora in stock o come offerta a km zero. Oppure cliccando sui principali marketplace digitali, dove è sufficiente inserire marca-modello-principali caratteristiche per verificare in tempo reale la disponibilità dell’auto sul mercato nazionale. Unico compromesso da accettare: trattandosi di auto già disponibili in rete, dovrete rinunciare alla scelta del colore o degli optional. Un sacrificio tutto sommato sostenibile...
> ALFA ROMEO GIULIETTA
Terminata la produzione da oltre un anno, l’Alfa Romeo Giulietta è ancora disponibile presso la rete vendita con il 1.4 turbobenzina e il 1.6 turbodiesel Multijet da 120 CV, quest’ultimo anche con cambio TCT a doppia frizione, e con il 2 litri turbodiesel da 175 CV dell’allestimento Veloce (originariamente previsto solo sulla 1.750 turbo da 240 CV). Due volumi compatta di successo, soprattutto presso le flotte aziendali, ha sempre adottato propulsori condivisi con altri marchi del gruppo FCA abbinati però a un telaio sviluppato per esaltare il comportamento dinamico della vettura, nel solco della tradizione Alfa Romeo in tema di maneggevolezza e stabilità. Rappresenta l’ultima opportunità per guidare un’auto nuova del Biscione spendendo sui 20.000 euro, meno della metà della Giulia “entry level”, con costi di gestione relativamente contenuti soprattutto per le versioni a gasolio, ancora interessanti per chi vive lontano dalle grandi città e percorre elevati chilometraggi.
> DACIA LOGAN MCV STEPWAY
Semplice, ma non così dimessa, specialmente nelle serie speciali Stepway e Techroad, leggermente rialzate da terra e dotate di codolini in plastica ai passaruota e altre personalizzazioni estetiche non troppo vistose. Eppure un’altra 5 posti da 4 metri e mezzo e con un baule da 573-1518 litri a poco più di 10.000 euro (e garantita 3 anni) non si trova sul mercato del nuovo. La Dacia Logan MCV di seconda generazione (la prima aveva la porta posteriore a doppio battente e una variante a 7 posti) ha fatto le spese della riorganizzazione della gamma del marchio rumeno, in direzione di prodotti più sfiziosi nello stile e senza duplicazioni (la Jogger sostituirà in un sol colpo Lodgy, Dokker e Logan MCV), ma i suoi motori sopravvivono negli attuali modelli, segno di una tecnica non certo superata, tra cui i turbobenzina e turboGPL a 3 cilindri e il 1461 cc a gasolio. Quale scegliere? Solita ricetta: 1.5 dCi per chi macina tanti chilometri e non vive nelle grandi città dove fioriscono zone a traffico limitato bandite ai diesel, turboGPL per chi guarda al risparmio immediato e apprezza i modelli con autonomia molto ampia, turbobenzina per chi accumula bassi chilometraggi.
> FIAT 500 1.2 DUALOGIC
Per la sfiziosa city-car Fiat 500 il cambio automatico (robotizzato) Dualogic ha rappresentato fino all’altroieri la “ciliegina sulla torta” capace di sottolineare la vocazione urbana delle due varianti (c’era anche la 500 C con il tettuccio in tela ripiegabile elettricamente) e di ridurre la fatica nella guida in città e nel traffico più congestionato. Non a caso ad apprezzarlo maggiormente è stato il pubblico femminile e la clientela in età più matura. Eppure, con l’arrivo della gamma 500 Hybrid dotata del piccolo 3 cilindri turbo da 1 litro di cilindrata e 70 CV (accanto alla quale è rimasta in vita solo la motorizzazione bifuel benzina-GPL 4 cilindri da 1,2 litri e 69 CV), le varianti senza pedale della frizione sono uscite di scena, con non pochi rimpianti da parte di chi si muove quotidianamente in ambito urbano. Peccato: nonostante il suo funzionamento un po’ brusco e poco reattivo e qualche problema di affidabilità, il cambio Dualogic (uscito di scena dalla gamma Panda ancora prima) aggiungeva appeal alla “piccola” di casa Fiat, permettendo una guida più rilassata e riposante.
> FIAT 500 X 4X4
Con l’aggiornamento della gamma della Fiat 500X datato 2020 sono uscite di scena le varianti a trazione integrale della crossover torinese, ancora particolarmente apprezzate da chi vive nelle regioni alpine (e, in misura minore, appenniniche) e da chi, pur residente in città, frequenta nei fine settimana e nei periodi di vacanza le località dove si praticano gli sport invernali. Basate sulla piattaforma della Jeep Renegade e, come quest’ultima, costruite a Melfi, le 500X 4x4 ne rappresentavano l’alternativa esteticamente più leziosa, anche se lo stile ricercato e le forme tondeggianti, con padiglione curvo, ne penalizzavano la capacità di carico (e la penalizzano ancora sulle attuali “tuttoavanti”). A sparire di scena, oltre alla trasmissione a 4 ruote motrici, è stato anche il cambio automatico a 9 marce che vi era abbinato, rapidamente scomparso anche dalle gamme Renegade e Compass italiane. Rispetto alle Jeep Renegade 4x4 la 500X a trazione integrale mostra un’indole meno fuoristradistica, tanto che non ne era prevista una versione specializzata come la Trailhawk del marchio americano.
> JEEP RENEGADE TRAILHAWK 2.0 MJET 170
Trailhawk è l’allestimento più orientato al fuoristrada nella gamma Jeep (è disponibile sulla Compass e lo è stato sulle Cherokee e Grand Cherokee al momento fuori listino in Italia) e parecchi clienti hanno positivamente sperimentato le sue caratteristiche tecniche e funzionali, ossia l’abbinamento tra la trazione integrale, il cambio automatico a 9 marce (con “primino” al posto del riduttore su tutti i rapporti) e il frontale sagomato ad hoc per migliorare l’angolo di attacco, un aspetto utile per chi utilizza la vettura in cantiere o su percorsi molto sconnessi e fondi naturali che obbligano a superare ostacoli come grosse radici, pietre, rami caduti. Con il mancato aggiornamento del 2 litri Multijet alle norme Euro 6 Final, anche questa variante della Jeep Renegade è uscita dal listino, così che oggi le versioni 4WD sono rappresentate solo dalle ben più costose e più delicate 4xe ibride plug-in, fornite di una coppia motrice ben inferiore (270 Nm anziché 380) e prive di differenziale centrale, in cui la spinta delle ruote posteriori è fornita da un motore elettrico e la ripartizione della coppia sui due assali viene gestita dall’elettronica.
> JEEP COMPASS 1.6 MJET 120 DDCT
L’arrivo del motore 1.6 Multijet 2 a norme Euro 6 Final da 130 CV ha fatto pensionare la precedente unità motrice da 120 CV che poteva essere abbinata anche al cambio a doppia frizione e 6 marce, sublimando la versatilità di un modello in grado di ben adattarsi ai percorsi extraurbani quanto all’impiego cittadino e agli sterrati. Con moderazione, naturalmente, visto che l’altezza minima da terra è di 19 cm, ma la trazione è solo anteriore sulle superstiti versioni a gasolio. Molto apprezzata dalle flotte aziendali, la Jeep Compass vanta, ieri come oggi, una buona abitabilità, un bagagliaio capiente e un’immagine azzeccata, tre qualità che la rendono un gradito fringe benefit. Con la scomparsa del motore Multijet da 120 CV accoppiato al cambio DDCT la soglia d’accesso alla trasmissione senza pedale della frizione sale significativamente: oggi occorre investire almeno 42.300 euro per una 4xe ibrida plug-in. In alternativa, si può cercare la 2.0 Multijet da 140 o 170 CV, anch’esse disponibili, fino al 2020, con il cambio automatico a 9 marce e, con il motore più potente, nell’allestimento Trailhawk più orientato al fuoristrada.
> KIA PROCEED 1.6 CRDI
Con la shooting-brake Kia Proceed e con la coupé a 5 porte Stinger, la Kia ha mostrato di essere in grado e di voler produrre modelli accattivanti nello stile e sportivi nell’anima. La riuscita wagon dal look grintoso della Casa coreana aveva debuttato un paio di anni fa con parecchie ambizioni, d’immagine più che commerciali, e con una gamma motori completa. Oggi ridimensionata significativamente: in particolare sono spariti i turbodiesel 1.6 CRDi (era disponibile solo l’unità da 136 CV, con cambio manuale o a doppia frizione e 7 rapporti), che invece rimangono, nell’interessante edizione mild-hybrid 48 V, su berlina, station wagon (Sportswagon) e sulla crossover Xceed. Peccato, perché la Proceed 1.6 CRDi, anche nella variante 100% termica, rappresentava una scelta azzeccata per chi cercava un’auto dallo stile distintivo e dai costi di gestione contenuti, da impiegare anche su elevati chilometraggi annui. Destinazione d’uso che le attuali 1.5 T-GDi da 160 CV e GT 1.6 T-GDi da 204 CV non prevedono, almeno idealmente. Da cercare e trovare, per poter poi beneficiare della garanzia di 7 anni o 150.000 chilometri.
> RENAULT CAPTUR II 1.5 DCI (MANUALE E EDC)
Meno di un anno di presenza a listino per il motore turbodiesel (da 115 CV) sulla seconda generazione della crossover compatta Renault Captur, che oggi è proposta solo con i turbobenzina (anche bifuel-GPL da 100 CV) e nelle varianti tecniche full-hybrid da 145 CV e plug-in hybrid da 160 CV. Un cambio di direzione che “spiazza” la Captur rispetto alle esigenze di chi percorre molti chilometri in autostrada lasciando tra l’altro la trasmissione automatica solo sulle due versioni ibride, la meno costosa delle quali ha un listino di 2.900 euro superiore del 1.3 TCe da 145 CV e consuma molto di più soprattutto ad andature autostradali. Il turbodiesel di 1461 cc e 115 CV, con 260 Nm di coppia massima, era offerto con il cambio automatico a 6 marce e con l’EDC a doppia frizione e 7 rapporti, capace di modificare radicalmente la qualità della guida grazie alla sua dolcezza di funzionamento, a prova di ingorgo in tangenziale, marcia stop-and-go e traffico urbano congestionato, e accreditato di consumi molto contenuti grazie anche alla marcia in più che abbassa il regime del motore ad andatura autostradale.
> SMART FORTWO TWINAMIC
Tanto difficile da trovare, ormai fuori produzione da quasi due anni, quanto desiderabile: perché la city-car per eccellenza, nelle versioni a benzina (Coupé e Cabrio), non procura l’ansia da autonomia che affligge invece la nuova Smart ForTwo EQ elettrica, accreditata di un’autonomia di circa 160 km che ne limita l’utilizzo. Da non trascurare il fattore prezzo poi: una km zero si trova a partire da meno di 16.000 euro, mentre la EV Coupé parte sopra i 25.000 e la EV Cabrio nell’allestimento più ricco sfiora i 35.000. Senza dimenticare i tempi di rifornimento: 3 minuti per il pieno di benzina, ore e ore per la ricarica elettrica.
> SUZUKI JIMNY (M/T E A/T)
La piccola fuoristrada Suzuki Jimny è uscita di scena dal listino autovetture sopravvivendo in Italia solo nella versione autocarro. Questione di emissioni e di aggiornamento Euro 6 Final, ma oggi per poterla guidare e per beneficiare delle sue eccellenti doti da offroader occorre intestarla a una partita IVA e accettare l’idea che sia diventata una “2 posti secchi”. Così, molto della sua duttilità viene perso. Imbattibile nel fuoristrada duro e sui sentieri alpini più stretti dove, grazie alle sue dimensioni molto compatte, riesce a transitare laddove Jeep Wrangler e Toyota Land Cruiser si rivelano troppo ingombranti, la Jimny autovettura presenta anche il vantaggio di consentire un utilizzo senza limiti, mentre la versione autocarro attualmente in vendita non può circolare per diporto nei weekend e nelle giornate festive più in generale, essendo il suo utilizzo ristretto al solo ambito professionale e consentito solo a chi è direttamente connesso con le merci trasportate. Il che significa che la suocera o un figlio non possono sedere al posto del passeggero.
> TOYOTA C-HR 1.2 T AWD
In linea con la filosofia “green” del costruttore, la coupé-crossover Toyota C-HR è rimasta a listino, dopo il restyling dello scorso anno, solo con le motorizzazioni ibride a ciclo Atkinson (da 122 e 184 CV), abbinate alla trazione anteriore e al cambio a variazione continua eCVT. Ma con l’uscita di scena del motore 4 cilindri turbobenzina da 1,2 litri è sparito anche l’unico allestimento a trazione integrale prima disponibile, tra l’altro con il cambio a variazione continua eCVT, che ne faceva una “tuttoterreno” versatile a dispetto di una linea molto originale e quasi del tutto immutata rispetto all’attuale model-year. Resta per noi europei l’unica possibilità di guida una C-HR a trazione integrale, perché qui non viene importata la versione 2 litri AWD riservata per ora agli USA e a pochi altri mercati.
> VOLVO V40 CROSS COUNTRY
La Volvo V40, realizzata sulla base della penultima Ford Focus, ha chiuso la carriera con i motori 2 litri turbodiesel da 120 e 150 CV, entrambi disponibili anche con il cambio Geartronic a 6 marce, ma solo con la trazione anteriore (l’importazione delle versioni 4x4, solo turbobenzina, è terminata alcuni anni prima ancora). Eppure il prezzo accessibile, i costi di gestione contenuti e l’ottimo comportamento dinamico, oltre al lustro del marchio svedese, la rendevano una proposta unica nel segmento C, con la sua impostazione a ruote rialzate, se non alte, e il suo stile sobrio direttamente derivato dalla V40. I pochi esemplari ancora disponibili in rete permettono di entrare nel mondo Volvo a quasi 10.000 euro meno del prezzo della XC40 T2 a benzina e di rifornire gasolio nel serbatoio di una “compatta” del Costruttore scandinavo (le uniche Volvo diesel sopravvissute sono le “Serie 90”).