EMISSIONI FALSATE - I gruppi BMW, Daimler e Volkswagen hanno finanziato nel 2014 una ricerca scientifica sulle conseguenze per la salute dei motori a gasolio, che secondo i tre costruttori doveva rappresentare una prova a favore dei diesel più recenti e meno inquinanti. Quel test però venne effettuato con modalità non del tutto convincenti, stando a quanto riporta il New York Times, che critica le modalità dell’esperimento e anche la sua validità scientifica: l’auto scelta fu una Volkswagen Beetle, che secondo il quotidiano statunitense era dotata del software per alterare le emissioni allo scarico di ossido d’azoto, messo a punto dal costruttore per superare i test sulle sostanze nocive anche se le auto non ne avevano i requisiti. Il New York Times sostiene quindi che i risultati dell’esperimento siano stati volutamente manipolati.
STUDI AD HOC - Molte grandi aziende nei settori della chimica, del cibo e della farmaceutica sono solite finanziare studi scientifici per mostrare che i loro prodotti non sono dannosi per l’uomo o più in generale non causano conseguenze negative. In questo caso i tre costruttori si sono affidati ad una società tedesca chiamata European Research Group on Environment and Health in the Transport Sector (abbreviata in EUGT), finanziata interamente dai tre costruttori e all’opera su esperimenti di loro interesse, che è stata chiusa nel 2017 dopo alcune controversie sul suo operato. Stando al New York Times, la EUGT ha finanziato anche una ricerca che voleva smentire la scelta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di considerare nocivi i fumi allo scarico dei motori diesel. Il New York Times è entrato in possesso dei documenti sulla ricerca dopo che questi sono stati utilizzati nel corso di un processo contro la Volkswagen.
ESPERIMENTO SENZA VALIDITÀ - Il test venne effettuato utilizzando come cavie dieci esemplari di una razza particolare di macaco, al centro di numerosi test scientifici in quanto hanno molti tratti in comune con gli uomini. Le scimmie furono sottoposte per quattro ore ai fumi di scarico della Beetle, che secondo il New York Times aveva un motore “truccato” per emettere meno sostanze nocive dallo scarico. L’esperimento perciò non andrebbe considerato attendibile e non rispecchia le condizioni che si verificano in strada, dove la Beetle inquina molto di più che in laboratorio: il software messo a punto dalla Volkswagen è in grado infatti di riconoscere quando l’auto effettua test sui banchi a rulli (i costruttori conoscono lo svolgimento delle prove di omologazione) e attiva il software per ridurre le emissioni.