OTTO MESI DI LAVORI - È stato finalmente diffuso il rapporto conclusivo della commissione tecnica indipendente insediata nell’autunno 2015 dal ministro dell’Ambiente francese Segolene Royal in seguito allo scandalo Dieselgate. L’elaborato si basa sugli esiti dati dai test compiuti in otto mesi di lavori su 86 vetture (85 diesel e una a benzina, come riferimento). E va subito detto che il quadro dei risultati dei test è preoccupante, tanti sono i modelli che superano gli standard regolamentari, in alcuni casi anche in misura molto forte.
IMPOSSIBILITATI AD APPROFONDIRE - Ma non solo. Nel rapporto la commissione riferisce che di fronte ai tanti e forti discostamenti dai valori corretti ha cercato di esaminare i sistemi elettronici che gestiscono il funzionamento dei motori, ma «non è stato possibile avere accesso ai software usati sulle vetture, per cui non è stata effettuata nessuna analisi dei software». Di conseguenza «la commissione non può esprimersi definitivamente sulla presenza o l’assenza di software truffaldini sulle auto testate».
LA COLLABORAZIONE DELLE CASE - La commissione precisa che l’analisi dei software non è stato possibile per la reticenza delle case costruttrici. Nel corso delle audizioni tenute dalla commissione (11 sono state le case sentite) la maggioranza dei costruttori si è presentata senza aver con sé tutte le informazioni richieste dalla commissione. «Essi si sono impegnati a fornirle successivamente - riferisce il rapporto - ma purtroppo c’è stata poi ben poca collaborazione da parte loro». Di fronte a questa situazione (risultati dei test sopra i limiti consentiti e impossibilità di esaminare a fondo i motori) la commissione in pratica non esclude che altre case costruttrici, oltre alla Volkswagen, abbia usato software volti a far superare favorevolmente i test di omologazione per poi passare ad altre regolazioni del motore, molto meno rispettose dell’ambiente. Più che significativa è così la sollecitazione conclusiva della commissione: chiede che vengano compiuti nuovi test ufficiali sui modelli di cui sono stati registrati i risultati più lontani dalla norma «al fine di valutare se tali modelli debbano essere fatti oggetto del ritiro del loro certificato di omologazione».
TRE TEST - Va notato che la commissione ha sottoposto le auto in questione a tre test diversi: uno secondo il ciclo di omologazione, sui banchi a rulli; un altro sempre in laboratorio sul banco a rulli ma variando un po’ i tempi e le modalità di svolgimento delle prove effettuate per omologare le vetture; infine un terzo test è stato compiuto su strada (per la precisione su pista), con la strumentazione di rilevamento a bordo dell’auto e con guida reale. La commissione tecnica voluta dal ministro Segolene Royal è composta da figure diverse esterne agli uffici facenti capo alle istituzioni. I test sono stati compiuti dall’Utac, un organismo che compie questo genere di esami da molti anni e che lavora anche per numerosi costruttori automobilistici (l’Utac era di proprietà dei costruttori francesi che però negli ultimi anni hanno ridotto il loro peso nella società). Oggetto dei test sono state le emissioni di CO2 e degli ossidi di azoto NOx da parte di 85 modelli diesel e uno a benzina.
SFORAMENTI IMPORTANTI - Il rapporto della commissione afferma che per quanto riguarda la CO2 gli scarichi durante le prove stradali sono tra il 20 e il 50% superiori agli standard di legge. Per gli ossidi di azoto il problema è molto più vistoso, con le emissioni rilevate anche dieci volte quelle consentite. Degli 85 modelli esaminati, un terzo (il numero cambia a seconda del test, comunque da 24 a 28) ha fornito risultati superiori alle norme che regolano le emissioni di NOx. Ancora superiore è il numero delle auto irregolari per le amissioni di CO2: da 39 a 47. I tre modelli Euro 6 i risultati peggiori per le emissioni di NOx sono risultati la Fiat 500X, la Renault Talisman e la Nissan Qashqai. Per gli scari chi di CO2 il trio di coda è formato dalla Volvo V40, Skoda Fabia e di nuovo la Fiat 500X.