STRIPTEASE - Nell'ambito del cosiddetto Dieselgate, a fine ottobre 2016 il gruppo Volkswagen ha trovato un accordo con le autorità americane e i rappresentanti dei clienti per il riacquisto di 475.000 automobili (qui per saperne di più), equipaggiate con il motore 2.0 TDI serie EA 189 sul quale è installato un software che riduce artificialmente le emissioni di ossido d’azoto durante i test di omologazione. Il problema per la Volkswagen è che alcuni clienti hanno consegnato le automobili “spogliate”, cioè senza varie componenti, come cofano, paraurti, portiere e così via. Componenti che, evidentemente, venivano poi vendute come pezzi di ricambio sul web, così da massimizzare il guadagno.
SE NE VANTA SUL WEB - Il caso più emblematico è quello di Joe Mayer, un venditore di auto di Cincinnati che ha addirittura postato sulla sua pagina Instagram (la vedi qui) le immagini della Volkswagen Golf che si apprestava a riconsegnare (foto sopra): l’automobile era senza il cofano anteriore, le portiere laterali, il portellone, il sedile lato passeggero e il divanetto. Mayer ha fatto leva sulla formulazione di una clausola inserita nell’accordo fra l’azienda ed i clienti, nella quale era scritto che le automobili dovevano essere restituite operative e marcianti grazie al proprio motore. La Volkswagen ha scoperto quanto fatto da Mayer e posticipato il momento della riconsegna, ammonendolo sul fatto che smontare l’auto non rientrasse nello spirito della campagna di riacquisto.
IL GIUDICE DA' RAGIONE ALLA VW - Della vicenda si è occupato anche il giudice federale Charles Breyer, che ha accolto il reclamo del gruppo Volkswagen ed è intervenuto per segnalare ai clienti che non possono riconsegnare le loro automobili senza vari componenti dell’esterno o dell’abitacolo, pena sanzioni al momento non ancora definite.