GRIDO DI ALLARME - Il ceo del gruppo Volkswagen, Herbert Diess (foto qui sopra), oggi ha lanciato un forte allarme economico-occupazionale legato alle prospettive che si aprirebbero se l’Unione europea adottasse definitivamente le norme in tema di emissioni di CO2 approvate martedì 9 ottobre 2018 dal Consiglio d’Europa (riduzione del 35% del tasso di emissioni di CO2 entro il 2030). Il top manager della Volkswagen ha sostenuto che tali limiti sono troppo ambiziosi e comporterebbero un inevitabile crollo dell’occupazione nell’industria automobilistica, fino a 100 mila posti di lavoro nel solo gruppo Volkswagen.
SCONTRO GEOPOLITICO - L’obiettivo del taglio del 35% è stato varato a maggioranza dal Consiglio d’Europa nella riunione di martedì 9 ottobre. A votarlo sono stati 20 paesi su 28. Tra i paesi che l’hanno votato c’è anche la Germania, che pure aveva sostenuto con forza un obiettivo del 30% di riduzione. D’accordo con il rappresentante tedesco erano i paesi dell’est europeo, ma molti altri chiedevano di arrivare sino al 40%. Alla fine c’è stato il compromesso sul 35%, e gli otto paesi che hanno votato contro (tra cui Olanda, Lussemburgo e Irlanda) lo hanno fatto perché chiedevano un taglio più grande. La Francia era schierata con chi sosteneva la riduzione del 40%, ma alla fine ha votato la proposta di compromesso. Quanto deciso dal Consiglio d’Europa deve ora essere discusso e approvato dal Parlamento e dalla Commissione. Solo al termine di questo iter si saprà quale sarà la normativa che andrà in vigore.
ALLARMI CONTRAPPOSTI - La decisione del Consiglio d’Europa è venuta praticamente in contemporanea con la diffusione da parte dell’ONU degli ultimi dati sulle conseguenze delle eccessive emissioni di CO2. Dati che fanno dire che in pratica resta solo una decina di anni per salvare il pianeta. Ma se quest’ultimo elemento dà forza a chi ritiene poco ambiziosa la decisione del Consiglio, non mancano neanche le argomentazioni di segno opposto. In questo quadro è venuta la forte presa di posizione del capo della Volkswagen Herbert Diess che paventa la perdita di decine e decine di migliaia di posti di lavoro.
IL PESO DELL’AUTO ELETTRICA - La sua previsione decisamente preoccupante si basa sostanzialmente sul fatto che per raggiungere l’obiettivo del 35% di riduzione (o magari addirittura di più) sarà inevitabile vedere ridotte le auto a benzina e diesel, che lasceranno posto alle auto elettriche. Essendo assodato che la fabbricazione di queste ultime richiede meno manodopera, è inevitabile il risultato di un forte calo dell’occupazione nel settore.
I PERCHÉ DELLE PREOCCUPAZIONI - La presa di posizione di Diess viene dopo le varie e analoghe dichiarazioni rilasciate nelle scorse settimane da parte di altri top manager del settore auto, come Carlos Ghosn e soprattutto Carlos Tavares, a capo del gruppo PSA. Alla base delle opinioni contrarie c’è sempre la prospettiva di uno sconvolgimento del settore, con conseguenze pesanti e per certi versi imprevedibili. E sullo sfondo (ma neanche tanto) viene anche messo l’aspetto politico della vicenda. Un percorso troppo rapido verso l’elettrificazione dell’auto significherebbe accettare un ruolo dominante dell’industria cinese, sicuramente determinante per almeno due ragioni. Perché il mercato cinese delle “elettriche” è assolutamente più grande di tutti gli altri, e quindi consente ai fabbricanti cinesi di crescere e svilupparsi come non possono fare europei, americani e giapponesi. E soprattutto per il forte peso che ha la Cina nella produzione delle batterie.