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La Exor resterà il primo socio della “nuova” Fiat

29 aprile 2011

La holding della famiglia Agnelli continuerà ad avere la quota maggiore anche dopo la fusione della casa torinese con la Chrysler. Intanto, Marchionne annuncia che entro giugno la casa americana salderà i propri debiti con i governi di Stati Uniti e Canada.

QUOTA RIDOTTA - “Anche dopo la fusione con la Chrysler, resteremo il primo socio”. Nella sua veste di presidente e amministratore delegato della Exor, la holding finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Fiat, John Elkann (nella foto in alto a destra di Sergio Marchionne) non ha usato giri di parole. Certo, sarà pressoché inevitabile una diluizione dell’attuale quota 30,4% in un gruppo che, secondo i piani, raddoppierà produzione e fatturati; tuttavia, assicura Elkan, “la Exor resterà il primo azionista”. Le parole del rampollo di casa Agnelli, pronunciate durante l’assemblea per l’approvazione del bilancio, arrivano a stretto giro da un comunicato diramato oltreoceano dall’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, che ribadisce l’intenzione della Chrysler di rimborsare entro giugno il proprio debito con i governi di Stati Uniti e Canada. Un’operazione che consentirà alla Fiat di salire, contestualmente, al 46% della sua controllata statunitense, come già annunciato nei giorni scorsi, rendendo più vicino l’obiettivo di quota 51% e, dunque, della fusione tra i due gruppi.

SOLDI IN PRESTITO - Tutto bene, se non fosse per una questione centrale: dove troverà i fondi necessari a restituire i 7,5 miliardi di dollari (oltre 5 miliardi di euro) che Stati Uniti e Canada hanno prestato alla Chrysler nel 2009 per salvarla dalla bancarotta? “Tramite prestiti e strumenti di debito venduti a investitori istituzionali”, si legge nel comunicato. In altre parole, indebitandosi con le banche. Poco importa che 1,27 miliardi arriveranno da mamma Fiat, quale corrispettivo per salire dal 30 al 46%. Giunti a questo punto, ragionare in termini di società distinte non ha molto senso. “Non avrei fatto l’annuncio se non ritenessi la Chrysler attraente per i mercati”, ha spiegato Marchionne. Senza contare che il saldo del debito porterebbe a risparmiare qualcosa come 270 milioni di dollari l’anno di interessi sul prestito, oltre alla possibilità di accedere a un ulteriore finanziamento da 3,5 miliardi dal dipartimento dell’Energia a stelle e strisce. Un finanziamento a tasso agevolato di cui già si avvale anche la Ford.

LA “TESTA” NEGLI STATES? - Quando invece si tratta di chiarire dove sorgerà la sede legale del futuro gruppo Fiat-Chrysler, John Elkann si “esibisce” in un’ampia serie di giri di parole per non chiarire sostanzialmente nulla. La stessa filastrocca che i vertici della Fiat ripetono da mesi: “Un’organizzazione che ha un perimetro così ampio ha per natura più teste”; in fin dei conti, “una società è dove sono i suoi clienti, non dove si prendono le decisioni”; tanto più che, “la cosa importante è ricordare da dove veniamo”. Il sospetto, fondato, è che si voglia prendere tempo per ritardare le pressoché inevitabili polemiche sull’italianità del gruppo in vista del (probabile) trasferimento negli Usa, ad Auburn Hills.



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Ritratto di impala
1 maggio 2011 - 06:06
... Speriamo bene, almeno che la Fiat resta Italiana e che si mentiene il lavoro in Italia.
Ritratto di herm52
1 maggio 2011 - 11:59
La politica, la finanza, l'industria e le religioni sono le facce del potere e da quando il mondo è mondo il potere si consolida con l'ipocrisia e la falsità. la Fiat non resterà italiana in quanto è già stata svuotata dalla sua missione di produzione di autovetture rimane FIAT come società che ha il compito di traghettare il capitale dall'Italia all'America (Chrysler). La convenienza stà inanzitutto sul valore del dollaro inferiore all'euro...quindi maggiore potenzialità di esportazione verso il restante mondo economico in via di espansione e non ultimo, staccarsi anche dall'Italia che a livello mondiale ha una politica che non conta nulla.
Ritratto di fogliato giancarlo
1 maggio 2011 - 14:18
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Ritratto di elakos
2 maggio 2011 - 03:32
1
dell'italianità o meno della fiat e sembra non dar peso ad una eventuale americanizzazione del gruppo, ormai credo che siano appurate le loro intenzioni. La minor tassazione in america è allettante per loro. Certo è che non credo sia così vitale trasferire là la sede legale, se è vero che non lo fece daimler rimanendo in germania e gm coi vari marchi scandinavi e tedeschi che possedeva. certo sono avventure finite male, ma per colpa di prodotti non all'altezza, non certo per la tassazione meno vantaggiosa o per il cambio euro dollaro. Detto questo mi puzza il fatto che il governo americano abbia concesso aiuti governativi senza la garanzia che quei soldi sarebbero rimasti lì. ottenendo cioè rassicurazioni sul mantenimento di una radice americana del gruppo. Ora, se così fosse, non comprerò mai più un auto del gruppo fiat per protesta. Sarò una mosca bianca, ma dopo tutto quello che è stato fatto da noi per la fiat, un voltafaccia sarebbe imperdonabile.
Ritratto di perché no
2 maggio 2011 - 13:42
Dubito che porteranno via la sede legale...per quanto conveniente dal punto di vista economico, incapperebbero nel malcontento di troppa gente...