DOPO I FATTI LE PAROLE - Il “day after” del varo della nuova società Fiat Chrysler Automobiles (nella foto la storica sede torinese del Lingotto) è fatto di reazioni e messe a punto di vario tenore. In primo piano ci sono due cose: la lunga intervista del presidente della Fiat John Elkann - espressione della famiglia Agnelli, azionista di maggioranza attraverso la società finanziaria Exor - e la serie di titoli di prima pagina in cui la novità viene presentata come l’abbandono dell’Italia da parte della Fiat. E non mancano numerose dichiarazioni che valutano la novità.
INTERPRETAZIONE AUTENTICA - Il presidente e grande azionista della Fiat, John Elkann, nell’intervista alla Stampa ripercorre il cammino compiuto dall’azienda negli ultimi vent’anni, dicendo esplicitamente che in più occasioni è stata vicino al fallimento e che sono stati commessi degli errori. «Abbiamo sbagliato a non aprirci a sufficienza al mondo - sono le parole di John Elkann - e l’errore più grande è stato di voler fare troppi mestieri, dalle assicurazioni ai motori aerei, dalla grande distribuzione ai treni, invece di concentrarci su quello che sapevamo fare. Abbiamo imparato molto da quegli errori e negli ultimi dieci anni ci siamo concentrati solo su due cose: fare automobili e svilupparci globalmente».
PROGETTAZIONE PREMIUM IN ITALIA - A proposito del fare automobili, nella stessa intervista Elkann sottolinea gli sviluppi favorevoli della strategia basata su una produzione di prestigio: «Basti pensare a quello che abbiamo fatto con Maserati, che ha addirittura raddoppiato le vendite. Il progetto Premium, la scelta di puntare sui segmenti alti del mercato mondiale, sta funzionando molto bene e ha rimesso in gioco l’Italia. E all’interno di questa strategia è arrivata l’ora del rilancio di Alfa Romeo: c’è un enorme impegno su questo, il progetto è in stato avanzato e il nostro Paese ne sarà protagonista».
UFFICI GLOBALIZZATI - In sostanza, a fronte del trasferimento all’estero della sede sociale (e di quella fiscale), il presidente della Fiat afferma che in realtà il gruppo ha quattro sedi: Detroit, Shanghai, Belo Horizonte e Torino, una per ogni area di interesse. Quanto a lui personalmente, il presidente ha detto che il suo ufficio resterà al Lingotto, che è l stesso ufficio dove ha lavorato suo nonno Gianni Agnelli, anche perché ha la famiglia a Torino e i suoi figli sono nati in Italia. In proposito Elkann non ha detto che lui è nato a New York ed è cresciuto tra Stati Uniti e Francia… Per non dire di quale possa essere in proposito la propensione di Marchionne «perché il suo vero ufficio è l’aereo…» ha detto John Elkann nell’intervista.
DICHIARAZIONI CON I SINDACATI - Nelle tante valutazioni fatte oggi sulla grande novità, ad attirare le attenzioni e le valutazioni è soprattutto l’ubicazione delle attività di progetto e di produzione. Per esempio, si concentra su questi temi il commento di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, dopo l’incontro avuto con Sergio Marchionne in merito alle ultime novità. «Non c’è alcun trasferimento all’estero - ha dichiarato Bonanni - A noi non interessano la sede legale e quella fiscale, ma le progettazioni e queste resteranno in Italia. Le auto di alta gamma, Maserati, Alfa Romeo e Ferrari si fanno qui e qui si progettano». Non è stato riportato se l’omissione del nome Fiat sia stata una dimenticanza o se invece significhi altro, per esempio la scomparsa del marchio, o che la progettazione e la produzione delle vetture con marchio Fiat avverrà altrove,
LA UIL CRITICA IL GOVERNO - Un aspetto diverso è colto dal rappresentante della Uil, Luigi Angeletti, che ha osservato come la strategia della Fiat Chrysler conti molto sulle esportazioni, e dunque «quello che occorre è fare in modo che le esportazioni industriali, non solo quelle auto, siano facilitate e questo purtroppo il governo non lo sta facendo».
IMPEGNI RASSICURANTI - Sempre dopo l’incontro con il vertice Fiat, Francesco Scandale, dell’Associazione Quadri Fiat ha dal canto suo affermato che «l’amministratore delegato ci ha assicurato che le progettazioni e le sperimentazioni non saranno toccate e che, in genere, l’occupazione non calerà». Come si vede un impegno più chiaro ed esplicito di quanto contenuto nel comunicato stampa relativo al varo della nuova Fiat Chrysler Automobiles e anche nell’intervista di John Elkann.
CGIL CRITICA - Nessun incontro con Marchionne per la Cgil e la Fiom, che notoriamente sono esclusi dalle relazioni sindacali in quanto non hanno firmato il contratto di gruppo. Non manca però qualche commento comunque: «Con questa giornata la Fiat fa un altro importante passo verso il disimpegno dall’Italia - ha dichiarato Michele De Palma, coordinatore nazionale Fiat nella Fiom - Cos’altro deve accadere perché il governo intervenga?». Più mirate nel merito le parole di Susanna Camusso, segretaria della Cgil: «Non abbiamo mai vissuto la scelta di Fiat di fare alleanze internazionali come un problema, ma il fatto che dentro l’alleanza non sia chiaro il destino industriale degli stabilimenti italiani: questa continua a essere la domanda. Noi vediamo la scelta di un'azienda storicamente italiana che decide di ridurre il suo contributo fiscale al Paese», ha detto la leader della Cgil.
IN ALTRI PAESI LO STATO È INTERVENUTO - Il tema del ruolo della mano pubblica è stato sollevato sulle pagine de Il Fatto Quotidiano anche dal sociologo e storico Marco Revelli: «Gli impianti produttivi italiani sono per tre quarti svuotati, Mirafiori lo è per i quattro decimi, non hanno più un ruolo produttivo». Partendo da questa analisi, Revelli attacca il mondo politico che pare disinteressarsi della questione, al contrario di quanto fatto da altri governi, come l’amministrazione Obama, il governo francese e quello tedesco, molto attenti alle vicende dell’industria automobilistica.
POLITICA DISTRATTA - In effetti il mondo politico non ha dato l’impressione di grande attenzione per la vicenda Fiat, neanche in occasione del varo della nuova realtà Fiat Chrysler Automobiles. Del presidente del Consiglio Enrico Letta è stata diffusa una dichiarazione di compiacimento per la novità, anche perché per l’occasione c’è stato un apposito incontro a Roma con il presidente e l’amministratore delegato Fiat, Elkann e Marchionne. «La questione della sede è secondaria; quello che conta sono i posti di lavoro, il numero di macchine vendute e la globalità del soggetto» aggiungendo anche una considerazione su ciò che la Fiat è diventata: «da molto tempo l’azienda ha raggiunto orizzonti a cui non eravamo abituati, oggi la Fiat è un attore globale mentre prima era un attore nazionale». Ma delle tasse che il gruppo pagherà in UK e che poteva pagare invece in Italia se qui avesse messo la sede il presidente del Consiglio non parla.
CAMBIA TUTTO SECONDO IL PD - Meno acritico e con toni di dubbiosi è stato il discorso di Filippo Taddei, responsabile economico del PD: «Più che la sede fiscale a me e agli italiani interessa cosa vuol fare Fiat in questo paese. Abbiamo massimo rispetto per le scelte delle imprese, ma ora cambia tutto. Cambia quello che Fiat è per gli italiani. A noi dispiace»
PER FORZA ITALIA È COLPA DEL GOVERNO - Positivo è invece il giudizio dei rappresentanti di Forza Italia che hanno voluto esprimersi sulla vicenda, manifestando comprensione per le scelte della Fiat e criticando il governo, sostenendo che la “scelta americana” della Fiat è colpa del governo: «Il governo rifletta sulle sue colpe per l’impoverimento industriale del paese» sono state le parole di Osvaldo Napoli, deputato di FI.
NEL MIRINO DEL FISCO? - Come si vede è ricorrente un che di disinteresse per la questione fiscale (la relativa sede a Londra), ma non tutti però considerano secondaria la scelta (spiegata da Elkann con il fatto che sarebbe più attraente per i potenziali investitori americani). Tra chi vuole capire bene la cosa c’è la persona che è per definizione il più interessato alla questione, Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate, il quale ha dichiarato: «Dal punto di vista fiscale non posso impedire alla Fiat di fare delle scelte societarie che sono economicamente convenienti per loro. Verificheremo il pieno rispetto delle leggi fiscali italiane».
FUTURO IN ITALIA DA DECIFRARE - Concludendo, si è tentati di riprendere la conclusione dell’intervista di John Elkann, laddove racconta che al termine del colloquio con il direttore della Stampa, Mario Calabrese, è arrivato Sergio Marchionne il quale ha invitato il giornalista a vedere lo spot pubblicitario che verrà proiettato in America durante il Super Bowl, avvenimento sportivo di primaria importanza mediatica. L’articolo non lo dice, ma l’artista a cui si è affidata la Chrysler è Bob Dylan, che appunto pare essere adatto di fronte agli interrogativi sui destini dell’industria automobilistica italiana. Quali sono? Come canta Dylan “The answer is blowin in the wind”, la risposta è nel soffiare del vento.