INQUIETUDINI CINESI - Per l’industria dell’automobile, quest’anno il mese d’agosto è stato un po’ meno soporoso del solito. A mettere agitazione sono state le notizie provenienti dalla Cina a proposito dell’attività delle autorità competenti in materia di controllo e repressione delle attività di cartello in materia di prezzi. Al centro dell’attenzione ci sono i listini, delle auto e soprattutto dei pezzi di ricambio e dei servizi.
OPERAZIONE A VASTO RAGGIO - La questione è di grande dimensioni e si può dire che investa tutto il settore. Ai primi di agosto la Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo (che tra le altre cose si occupa di vigilanza antimonopoli) ha reso noto di avere in corso da mesi un’ampia indagine in proposito, parlando del coinvolgimento di circa un migliaio di aziende: case costruttrici, concessionarie, aziende della componentistica.
CONCESSIONARI - E alle notizie imprecise sono poi seguite quelle concrete relative a pesanti sanzioni economiche. Quattro concessionari BMW della provincia di Hubei si sono visti comminare una sanzione dell’equivalente di 200 mila euro ciascuno; in questo caso la motivazione è stata l’intesa tra le aziende a proposito dei costi delle operazioni di messa in strada e per informazioni al pubblico non veritiere.
L’AUDI PAGA - Poi è stata la volta della rete Audi a essere messa sul banco degli imputati, con una sanzione che sarebbe (la notizia è di stampa) di ben 30 milioni di euro per attività contraria alla logica della libera concorrenza, in questo caso appunto in materia di ricambi. Da notare che l’Audi ha diffuso un comunicato con il quale ha già detto che la società Audi China, (joint venture con la cinese FAW) pagherà la sanzione.
COMPONENTISTI “NIPPO” - A metà mese è quindi anche arrivata la notizia di una mega-sanzione (l’equivalente di 151 milioni di euro) a uno stuolo di dieci aziende giapponesi della componentistica, tra cui si può dire che c’è tutto il Gotha del settore. Intanto si è parlato di sanzioni anche per la Mercedes e la Chrysler, mentre tra le case “indagate” ci sarebbe anche la Jaguar-Land Rover.
TUTTI IN DISCUSSIONE, MA… - Visto il rilievo che il mercato cinese sta ricoprendo per l’intera industria automobilistica mondiale (oltre 18 milioni di veicoli venduti nel 2013, con un aumento del 14%), le iniziative antimonopolistiche delle autorità cinesi assumono notevole rilevanza, tanto che non mancano interpretazioni che fanno risalire le indagini e le sanzioni a motivazioni politiche. Perché è vero che l’ente antimonopoli ha detto che a essere sotto indagine sono sia marchi stranieri che cinesi, ma non c’è dubbio che le conseguenze maggiori sono sofferte dai costruttori esteri, che rischiano infatti di veder ridotti i propri business legati alla Cina.
RAGIONI DIVERSE - Sul versante giapponese in ballo ci sono i pessimi rapporti Pechino-Tokyo ancora per la questione delle isole del Pacifico contese dai due paesi. Per quanto concerne le case europee il sospetto è invece che si tratti di un tentativo di crear loro qualche difficoltà volta a favorire i costruttori cinesi, che d’altra parte sono decisamente troppo deboli per poter competere. Come dimostrano i dati di mercato, che evidenziano come gli automobilisti cinesi prediligano le auto straniere (solo il 27% delle immatricolazioni riguarda auto di marche cinese).