UN MESSAGGIO CHIARO - “Per l'automobile, a livello mondiale, è arrivata la resa dei conti e la situazione in cui ci troviamo, in Italia, è estremamente seria”. Sono queste le parole che ha usato Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, per iniziare il suo intervento durante l'assemblea generale dell'Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) che si è tenuta ieri.
NUMERI PREOCCUPANTI - Un messaggio forte, supportato dai dati riportati dall'Associazione: nei primi 8 mesi del 2010 il mercato auto si è contratto del 2,5% rispetto al 2009, con un crollo a "doppia cifra" dal mese di aprile, quando si è esaurito l'effetto degli incentivi 2009: c'era tempo fino a marzo per immatricolare le auto ordinate nel 2009. Nel solo mese di agosto le immatricolazioni sono scese del 19,3% (qui per saperne di più). E, secondo le previsioni, il 2010 si chiuderà con circa 1,9 milioni di auto immatricolate, molto sotto la media degli ultimi 10 anni di 2,25 milioni.
TANTI POSTI DI LAVORO - Numeri preoccupanti se si considera che, come ricorda Eugenio Razelli, presidente dell'Anfia, il settore auto in Italia vede impegnate circa 3.500 aziende e 1,2 milioni di addetti: ovvero un lavoratore su 20. La settimana scorsa, anche la Federauto, associazione che rappresenta le 3800 concessionarie italiane, aveva denunciato la difficoltà di oltre 1.000 aziende che entro la fine dell'anno potrebbero chiudere lasciando a piedi 45.000 lavoratori (leggi qui per saperne di più).
UNA PESANTE PASSATO - Come in precedenti occasioni, Marchionne ha voluto sottolineare che si è giunti a un punto di non ritorno, dove bisogna avere “l'onestà intellettuale per riconoscere quello che non funziona e trovare il coraggio di cambiarlo per andare avanti. Non possiamo nasconderci che il nostro Paese soffre, da molti anni, a causa della debolezza della sua struttura industriale”. Perché, a determinare questa situazione, secondo Marchionne sono proprio “la somma delle non-scelte del passato; la mancanza di condizioni di competitività minime, specialmente nel Mezzogiorno; un livello di investimenti esteri che è il più basso d'Europa; il numero crescente di imprese che chiude o abbandona l'Italia”.
UNA GRANDE OPPORTUNITÀ - Un insieme di problemi, precisa Marchionne, che costringe a reagire prima che sia troppo tardi: “la scelta che si impone oggi è tra fingere che vada tutto bene oppure intervenire per assicurare al nostro Paese la capacità di competere in un mondo globale. Da ciò che decideremo dipende il nostro futuro”.