CHUDERE IL CASO - La controversia fra le autorità statunitensi e Stellantis relativa alle emissioni dei motori 3.0 V6 diesel (qui per saperne di più) dovrebbe chiudersi definitivamente. Secondo quando riporta Automotive News, infatti, la filiale americana del costruttore dovrebbe patteggiare per una cifra pari a 300 milioni di euro, dichiarandosi colpevole e mettendo fine al procedimento penale in cui si era resa protagonista l’allora FCA. La causa è legata all’alterazione dei parametri di emissione di ossido d’azoto dei propulsori a 6 cilindri a gasolio. La vicenda nacque dalle accuse dell'ente per la protezione ambientale degli Stati Uniti (EPA), che accusò il costruttore della falsificazione dei dati inquinanti dei propulsori grazie all’utilizzo di software.
LA CAUSA CIVILE - Tra il 2014 e il 2016 circa 100.000 veicoli FCA (la Jeep Grand Cherokee e la Ram 1500) equipaggiati con il 3.0 V6 diesel furono “pizzicati” dall’EPA per emissioni di anidride carbonica oltre i limiti di legge. Le vetture secondo l’ente ambientale erano dotate di un software in grado di alterare la diffusione di ossido d’azoto dallo scarico in alcuni frangenti di guida, superando quindi le soglie imposte dalle norme antinquinamento. La causa civile relativa alla vicenda si chiuse nel 2019 a fronte di un pagamento di 800 milioni di dollari senza ammissione di colpa da parte della Stellantis.
I PROCEDIMENTI PENALI - Dopo il patteggiamento della causa civile e la sua colossale transazione, la Stellantis dovrebbe chiudere definitivamente la vicenda anche sul fronte penale, versando al dipartimento di giustizia degli Stati Uniti 300 milioni di dollari. La società che ha negoziato la controversia è la FCA US. Nel caso si resero protagonisti anche tre manager, accusati dalla magistratura americana della manipolazione dei parametri dei motori: uno di questi sta proprio affrontando un procedimento (sempre penale) perché accusato di frode e cospirazione nei confronti degli Stati Uniti.