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L’auto al centro della campagna presidenziale Usa

06 settembre 2012

Come l’automobile diventa argomento politico. Al centro del confronto-scontro, i giudizi sulle iniziative prese dall’amministrazione Obama per evitare il crollo della General Motors e della Chrysler. Un tema che potrebbe farsi molto caldo nei prossimi mesi.

POLITICA? NO GRAZIE  - Rompendo una tradizione trentennale, quest’anno le Convention per la nomina dei candidati alle elezioni presidenziali americane non hanno avuto a disposizione auto di servizio fornite dalla General Motors, che negli passati ne metteva a disposizione a centinaia. Non solo: la GM e la Chrysler hanno comunicato formalmente che non metteranno a disposizione alcun loro sito aziendale per la campagna elettorale dei due candidati Obama (nella foto in alto durante una visita ad una fabbrica della Jeep) e Romney. In pratica c’è stato un rifiuto preventivo a eventuali richieste di spazi (e di attenzione). “Tutte le nostre energie sono impiegate nel cercare di vendere auto e non nella politica” è stata la motivazione fornita alla presa di posizione. 

MA L’AUTO È PROTAGONISTA - Eppure, nonostante questa sorta di fuga, l’automobile è uno dei temi maggiormente sotto la luce dei riflettori nel dibattito-scontro elettorale tra il democratico Barack Obama e il repubblicano Mitt Romney (foto sotto). I motivi possono essere tanti ma il più significativo sono le valutazione date sull’operazione di salvataggio compiuta nel 2008 dall’amministrazione Obama per evitare il fallimento della General Motors e della Chrysler. 

I COSTI PUBBLICI DEL SALVATAGGIO - Allora la Ford non ricorse agli aiuti governativi, ma GM e Chrysler beneficiarono di ingenti finanziamenti, stimati in circa 80 miliardi di dollari (64 miliardi di euro). Si calcola che tutta la manovra sia costata circa 25 miliardi di dollari (poco meno di 20 miliardi di euro) alle casse dello Stato. Proprio questo costo è sollevato dal partito repubblicano e dai suoi candidati alla Casa Bianca come testimonianza di una politica interventista dello Stato nelle questioni economiche, che invece i repubblicani rifiutano e considerano sbagliata e negativa.
 

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LAVORO SALVAGUARDATO
- Sul versante opposto, i democratici fanno del salvataggio della GM e della Chrysler uno dei fiori all’occhiello della presidenza Obama. Per farlo sciorinano una serie di dati: un milione e mezzo i posti di lavoro salvati tra le case GM e Chrysler e indotto; 150 mila nel solo Michigan, stato dell’avversario Romney - sottolinea con un pizzico di perfidia l’entourage di Obama; 167 mila i previsti nuovi posti di lavoro entro il 2015; uno su 25 i lavoratori americani facenti capo al settore auto. 

AIUTI O FALLIMENTO? - Tutte cose che vengono citate come valide ragioni per giustificare gli interventi del 2008 e 2009. Interventi che hanno portato alla rinascita delle case americane che proprio in questi mesi importanti aumenti nelle vendite, confermando una ripresa che in molti avevano considerato impossibile. Un tale recupero - secondo i democratici - non ci sarebbe stato se si fossero applicati alle due case automobilistiche i principi sostenuti da Romney, secondo cui le aziende devono vivere sulle proprie gambe. Una alternativa che secondo il presidente Obama avrebbe significato il fallimento delle due aziende. 

I COSTI DEL SALVATAGGIO - Dall’altra sponda Romney riesce a far presa citando i 25 miliardi di dollari che tutta l’operazione è costata ai contribuenti americani. In buona parte questa perdita è riconducibile alle forti perdite del titolo azionario della GM, mentre per quanto riguarda la Chrysler, avendo essa già restituito il prestito che aveva ricevuto, le perdite governative sono molto inferiori, attorno a 1,8 miliardi di dollari. Resta il fatto che il “miracolo” della resurrezione di GM e Chrysler non può non essere considerato frutto dei pesanti interventi finanziari del governo più che delle strategie di gestione e produttive.

FILOSOFIE DIVERSE - È dunque certo che, nonostante gli “smarcamenti” delle case automobilistiche e al di là delle cifre e delle vicende singole, l’automobile è terreno di scontro molto importante. Questo perché riesce a semplificare un quadro di per sé complesso ed esemplificare la divergenza tre due visioni dell’economia: quella di Romney tutta basata sulle capacità di ognuno, aziende comprese, di andare avanti senza bisogno di aiuti esterni, e quella di Obama che invece ritiene che la mano pubblica debba intervenire quando c’è il pericolo di crolli incontrollabili che possono generare lunghe e totalizzanti crisi. 



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Ritratto di Merigo
6 settembre 2012 - 11:44
1
Chi ha ragione? Al momento del rischio concreto di chiudere aveva senz'altro ragione Obama, ora a bocce ferme verrebbe da pensare che ha ragione Romney. Ma pensiamo a casa nostra. Per tenere aperta l'Alcoa di Porto Vesme, di cui in questi giorni parlano tutti i TG, non ci dicono che si dovrebbe praticamente regalargli l'energia elettrica, mentre, come ahimè sappiamo noi piccoli tartassati contribuenti, entro fine 2012 ci verrà alzato il prezzo una terza volta. L'Europa lo vieta e pretende viceversa penalità nei prezzi per chi produce senza tutelare l'ambiente. Il Governo italiano ha derogato all'infinito dando comunque gratis l'energia all'Alcoa, ma ora la festa è finita e l'Alcoa piuttosto di pagare l'energia a prezzi di mercato, se ne va. Dimenticavo: lo stabilimento Alcoa di Porto Vesme è lo stabilimento italiano con in assoluto il maggiore consumo di energia elettrica, perché il processo di trasformazione dall'allumina all'alluminio lo richiede e perché il processo di Porto Vesme è vecchiotto, e quella energia gliela paghiamo tutti noi. Chi ha ragione? Quegli operai che perdono il posto di lavoro o tutti noi che glielo paghiamo, come fecero con GM e Chrysler? Questo si stanno rinfacciando Obama e Romney. Saluti.
Ritratto di yeu
6 settembre 2012 - 18:24
Tutta una campagna mediatica. Credo che se Obama non fosse intervenuto, la perdita per il popolo americano, sarebbe stata molto più alta e chiaramente più disastrosa.
Ritratto di liinkss
6 settembre 2012 - 19:14
9
Mi pare che il calcolo non è cosi complicato: partendo dal fatto che 1.500.000 lavoratori perdevano il posto di lavoro, in circa un anno, solo di indennità di disocupazione, perdite di tasse da stipendi e vendite delle auto, si superava quella cifra. Se poi, 1 lavoratore su 25 è legato al mondo dell'auto, non oso imaginare il disastro che deriverebbe dalla chiusura di queste aziende.... Romney pensa solo a come fregare meglio la classe media per aumentare il suo capitale!
Ritratto di AnniAddietros
6 settembre 2012 - 19:46
Mah... tanto alla fine ognuno pensa prima ai propri interessi... e le campagne politiche negli USA sono proprio una pagliacciata.
Ritratto di maxs73
6 settembre 2012 - 20:43
l'Italia è il paese europeo con la bolletta energetica più salata non abbiamo voluto le centrali nucleari ora ne paghiamo il conto sto ancora aspettando che qualcuno ci fornisca energia con le rinnovabili intanto però compriamo l'elettricità dai nostri cugini Francesi prodotta dalle loro centrali nucleari praticamente gli paghiamo noi anche la loro di bolletta.
Ritratto di Tecnofolle88
7 settembre 2012 - 00:21
Chrysler in pratica l'ha salvata Marchionne e Gm è sopravvissuta mettendo mani nelle tasche dei contribuenti...Questo miracolo democratico di Obama non lo vedo sinceramente...Forza Mitt!!!!
Ritratto di Centurione_Decima
7 settembre 2012 - 14:25
SALVE . Ognuno la pensi, ovviamente, come crede. Fatti i dovuti calcoli personalmente, visto che parliamo di soldini pubblici, bisognerebbe ricorrere all'equità , relativamente all'Alcoa. Sopra tutto a considerazioni prioritarie. Se non erro parliamo di 500 famiglie. Quanto costerà a tutti noi il NON lavoro di 500 capi famiglia..? Quanto incidono, capacità di spesa, sul piccolo territorio di riferimento..? Paragoniamolo con un'altro eventuale costo e decidiamo. Il Governo interessato, Regione o Stato, visto il divieto UE, doveva studiare, di tempo ne ha avuto, doveva preparare soluzioni alternative, ovvero trovare il sistema e se non lo trovava se lo doveva inventare. Ma per questo livello di spessore manageriale ci vogliono menti preparate, intuitive. Si doveva stabilire un costo relativo, e come detto, decidere quale soluzione adottare. Chi doveva intervenire se non i politici ( non la politica). Invece, in Sardegna, si pensava a tassare chi portaVa ricchezza. Manovre di copertina..? CERTO, ma ora le pagano le 500 famiglie di cui sopra. Chi ricopriva tali ruoli doveva evitare di venirsi a trovare senza alternative. Mi rendo conto che sembra semplicistico, anche troppo, ma siamo arrivati a questo punto per loro INCAPACITA' CONGENITA. ( stesso ragionamento per ILVA, CARBONE ..) Avremmo necessità di trovare altri DRAGHI. Almeno una notizia BUONA. Il buon DRAGHI ( e lo avvicino al Sig. Marchionne) nonostante i Prussiani è andato dritto per la Sua strada, ha imposto la Sua linea. Forse grazie al Sig. Draghi possiamo sperare che la situazione dei prestiti alle imprese migliori, che i tassi scendano, che si possano finanziare coloro che lo chiedono, e che coloro siano in grado di NON fallire. Avremo nuovi posti lavoro e potremo pensare, fra l'altro, a cambiare la ns. auto ( tanto per tornare in tema). La ragione, credo, appartenga al buon senso, la ragione non è di nessun colore. Ma in Italia ci dobbiamo schierare per forza, a sinistra , a destra, o per i piu' FURBETTI, al centro. Saluti a Lei, Sig. Tecnofolle 88.