CORO ALL’UNISONO - Il sistema dell’informazione economica - e non solo questo - è invaso dalla notizia del blocco produttivo di alcuni stabilimenti produttivi del gruppo Fiat a causa del mancato approvvigionamento di componentistica necessaria all’assemblaggio delle vetture provocato dallo stop produttivo per cassa integrazione esistente negli stabilimenti di un’azienda piemontese dell’indotto, la Selmat.
DANNI A CATENA - Gli stabilimenti interessati sono quello della Maserati di Grugliasco (foto sopra), quello della Fiat in Serbia e quello dell’Iveco in Spagna. L’azienda morosa nelle forniture è la Selmat, che ha quattro stabilimenti in Piemonte e uno in Polonia. I componenti in questioni sono cruscotti e parti in plastica.
DIFFICOLTÀ NELLA DIFFICOLTÀ - La cosa colpisce e preoccupa perché evidentemente i problemi legati alla crisi del mercato, di tutto hanno bisogno fuorché dell’aggiungersi di altri dovuti a qualsiasi ragione, come per esempio, quelli delle difficoltà di approvvigionamento dei pezzi.
NESSUNA TRASPARENZA - Ma lascia perplessi, forse sbigottiti, che un episodio dalle conseguenze così pesanti (“Il tutto sta creando gravissimi danni” ha scritto la Fiat) non abbia spiegazioni più complete, come se il mondo finisse là dove finisce la Fiat. Tra l’altro la stessa Fiat nel suo comunicato sottolinea come la situazione si stia “trascinando da tempo” e dunque è da escludere che ci sia qualcosa di traumatico e di incidentale nell’episodio.
LOTTE INDUSTRIALI - Dopo qualche ora di silenzio la Selmat ha fatto sapere che la vicenda è più complessa e risale addirittura a un paio d’anni fa. Secondo l’azienda di componentistica la Fiat vorrebbe rilevare le sue attività e per far questo avrebbe operato per metterla in difficoltà, riducendo le commesse e affidandole a un’altra azienda, che però recentemente è stata acquistata dalla Selmat. Come si vede la questione appare intricata. Non a caso già ci sono state prese di posizioni politiche per cercare di fare chiarezza.