PREVISIONI INCERTE - L’altro giorno il Financial Times di Londra ha riportato una analisi dell’agenzia Mediobanca Securities, specializzata nei mercati borsistici, secondo cui la Fiat entro breve sarà costretta a chiudere impianti produttivi in Italia. I nomi che vengono fatti sono quelli di Melfi e Cassino. L’amministratore delegato Sergio Marchionne - partecipando a un meeting via Internet con un gruppo di analisti economici europei - ha smentito la cosa ma ha anche aggiunto che delle prospettive produttive (destino degli impianti compreso) la Fiat parlerà ai primi di ottobre, quando saranno noti i dati sull’andamento dei mercati nel terzo trimestre dell’anno.
INVESTIMENTI TAGLIATI - Quello che è stato invece già deciso è la messa in stand-by degli investimenti in Europa, quindi anche in Italia. Ciò mentre nel Nordamerica i previsti interventi per 3,1 miliardi di dollari del gruppo Chrysler-Fiat sono stati portati a 4 miliardi. Le vendite nei mercati europei sono in caduta libera e ciò significa che qualsiasi investimento è destinato a non essere remunerativo. Dunque meglio temporeggiare: questo il ragionamento della Fiat. Marchionne ha motivato la decisione con la situazione difficile del mercato, “sceso ai livelli del 1979” ha affermato, ricordando anche che altri costruttori europei sono stati costretti a chiudere stabilimenti.
VOLONTÀ DI FARGLIELA - Marchionne nei giorni scorsi ha anche dichiarato che comunque “non molla” nella sua speranza e intenzione di riuscire a sanare la situazione italiana. A tal fine, nella strategia di Marchionne sarebbe molto importante riuscire ad esportare in America vetture prodotte in Europa, oltre che dar corso a un piano di risparmi produttivi che consentano di evitare chiusure di impianti. Nella conferenza telematica con gli analisti finanziari europei, ha però confermato il blocco dell’avvio della produzione della nuova Punto (nella foto più in alto l'attuale che risale ormai al 2005, con già due restyling alle spalle): “Qualsiasi investimento che facessimo per la Punto non avrebbe alcun ritorno economico; per cui è opportuno mettere da parte il progetto”. E su tale decisione ha raccolto le critiche dei sindacati italiani, che sostengono tale scelta pregiudichi la possibile ripresa della Fiat una volta che la crisi generale arrivi a conclusione.