ALTI E BASSI DIPLOMATICI - Forse c’è da aspettarsi un altro viaggio a Roma del presidente della Fiat John Elkann. Dopo che qualche giorno fa i rapporti della Fiat con le istituzioni (e in generale la sua immagine nel Paese) parevano essere migliorati grazie all’incontro appunto di John Elkann con il presidente della Repubblica e con il presidente del Consiglio Mario Monti, sono stati sufficienti due giorni per far precipitare le relazioni a un livello molto basso. La “ricaduta” è legata ai rapporti con i sindacati, in particolare alle vicende dei lavoratori dello stabilimento di Pomigliano iscritti alla Fiom, il sindacato metalmeccanico facente capo alla Cgil.
LA STORIA - La “ricaduta” c’è stata con la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma ha ordinato alla Fiat di assumere 19 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano che non erano passati alla nuova società creata dalla Fiat per la gestione dell’impianto, la FIP (Fabbrica Italia Pomigliano). Alla sentenza la Fiat ha reagito affermando che non può sottrarsi alla sentenza, ma che contemporaneamente avvierà l’iter della messa in mobilità di 19 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, questo perché i piani produttivi prevedono un dato numero di lavoratori e non può pensare di aumentarli di 19 unità. Una reazione che allontana le percezioni positive verso la Fiat.
BILANCI, MERCATI E TRIBUNALI- L’iniziativa Fiat ha sorpreso anche perché venuta praticamente assieme alla comunicazione dei suoi programmi per i prossimi anni, che ancorché tutti da verificare nella pratica, hanno creato fiducia nella volontà di impegnarsi per la salvaguardia delle capacità produttive italiane. La mossa del “dente per dente” adottata dai vertici Fiat non può che avere come conseguenza l’accentuazione dei cattivi rapporti all’interno dei lavoratori di Pomigliano e più in generale della Fiat in Italia. Rapporti che si erano già evidenziati subito dopo la sentenza della Corte di Appello, con una raccolta di firme che manifestava preoccupazione per la decisione dei giudici, in quanto potrebbe ostacolare i piani dell’azienda e mettere in pericolo il posto di lavoro di molti più lavoratori. Insomma, una “guerra tra poveri”.
GOVERNO CONTRO - Che la questione sia motivo di disaccordi e anche polemiche per niente nascoste (e non tra azienda e sindacati, ma tra Fiat e governo) è confermato dalle prese di posizione dal ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera e da quello del Lavoro Elsa Fornero. Il primo - pur precisando di non voler entrare nel merito di una vicenda che è aziendale - ha dichiarato che la reazione della Fiat “non gli è piaciuta”. Oltre a ciò Passera ha ricordato che il governo si sta impegnando per creare le condizioni più favorevoli alla riuscita della strategia Fiat, legata alle esportazioni (e ha fatto riferimento a 1,6 miliardi di euro messi a disposizione con la legge di disponibilità). Il ministro Fornero è stata più esplicita, sollecitando la Fiat a fermare la procedura di mobilità (licenziamenti di 19 lavoratori per fare posto ai 19 che è tenuta ad assumere) e contemporaneamente avviare un “dialogo che non riguardi soltanto il fatto specifico ma l'insieme delle relazioni sindacali in azienda”.
ASPETTANDO NUOVE MOSSE - Nel corso della giornata la Fiat è tornata solo parzialmente sui sui passi affermando che "La procedura di mobilità ha un iter e dei tempi tecnici prestabiliti per consentire ai soggetti preposti e alle organizzazioni sindacali di esaminarne le motivazioni. Nessuna iniziativa può essere avviata dall’azienda prima della conclusione della procedura, ovvero come minimo 45 giorni dall’avvio, e cioè dal 31 ottobre scorso. Non vi è pertanto alcuna urgenza". La situazione è di attesa, si può dire ora per ora, forse minuto per minuto, per vedere quali sviluppo possa avere la questione. Con un po’ di attenzione anche alle cose interne alla Fiat. Perché la vicenda potrebbe anche essere il riflesso di opinioni discordanti tra chi crede importante cercare consenso (o almeno evitare polemiche) e chi invece pensa solo a tirare dritto. Un’ipotesi che aprirebbe scenari clamorosi, perché con l’assoluto carisma di cui gode l’amministratore delegato Sergio Marchionne (che ha portato lauti profitti con l’operazione Chrysler) a contrastare le sua visione non potrebbero che gli azionisti.







































