IL RINNOVAMENTO - Mescolare le leve più tradizionali, da un’interpretazione superlativa del lusso a un’esperienza manifatturiera di altissimo livello, con altre più innovative. Tra queste, la scelta di fissare l’obiettivo neutralità carbonica al 2030. Negli ultimi sei mesi, tra le vecchie costruzioni in mattoni rossi dello storico quartier generale di Crewe, sono spuntati quattro nuovi edifici. Ed è solo l’inizio, perché la Bentley, galvanizzata dal successo della suv Bentayga (che oggi, da sola, rappresenta circa il 45% delle vendite totali), ha letteralmente spiegato le ali. Autofinanziando con 2,5 miliardi di sterline il piano che la condurrà a lanciare, tra il 2026 e il 2030, cinque nuove ammiraglie a batteria (già entro il 2024 tutte le vetture saranno ibride ricaricabili). Il percorso d’accelerazione sull’elettrico coinvolgerà altre tre punte di diamante del gruppo Volkswagen: Audi, Lamborghini e Ducati. E si concluderà nel 2031, quando la gamma sarà composta esclusivamente da modelli al 100% elettrici e la casa della “B” alata avrà completato ogni singola tappa della corsa per diventare una fabbrica di auto di extra-lusso al di sopra del benchmark di settore.
IN FABBRICA - Per toccare con mano questo deciso cambio di marcia, e capire in che modo, dalle circa 700 auto all’anno prodotte nell’era pre-Volkswagen, la Bentley sia riuscita a raggiungere la ragguardevole capacità produttiva annua di 14.000 vetture, abbiamo varcato i cancelli della fabbrica di Crewe. Le linee, dove il tasso di artigianalità è elevatissimo (tra le novanta stazioni della catena di montaggio della Bentayga, per esempio, solo una è completamente automatizzata: quella in cui un robot applica con precisione chirurgica la colla per il fissaggio del parabrezza), sono attrezzate per “sfornare” fino a 40 automobili al giorno. Ritmi difficili da immaginare, se si pensa che occorre praticamente un’intera settimana lavorativa per applicare le cinque mani di colore necessarie a completare la verniciatura di una singola vettura. Ma è solo uno tra i tantissimi esempi della “maniacalità” per la cura di ogni dettaglio.
NULLA È LASCIATO AL CASO - Passeggiando tra i reparti dei capannoni, il candore dei pavimenti è tale che quasi non sembra di trovarsi in una fabbrica di automobili. L’odore di olii e combustibili è quasi impercettibile, in confronto alle intense fragranze emanate dai legni pregiati, che arrivano da ogni parte del mondo, dal Nord America alla Spagna alle Hawaii, e dai pellami, ricavati esclusivamente da esemplari maschi adulti di vitelli scandinavi e mai dalle femmine, la cui pelle, per effetto delle gravidanze, presenta smagliature incompatibili con i rigidissimi standard di qualità fissati dalla casa. Il quasi silenzio in cui gli operai svolgono le loro mansioni - alcuni in tuta da lavoro, altri con addosso coloratissimi pullover natalizi (per un giorno, nel periodo di Natale, nelle fabbriche inglesi è concessa questa variazione nell’outfit) - è infranto da suoni molto ben identificabili, quasi fossero dettati da un direttore d’orchestra invisibile: le note dell’armonica e della chitarra in Dark Days di Gerry Cinnamon, di sottofondo al ronzio di un avvitatore; una portiera appena registrata di una Bentayga che si chiude con un tonf ovattato; il gorgoglio dolce e solenne di un W12, l’unico motore costruito dal primo all’ultimo bullone a Crewe (i V8 e i V6 ibridi arrivano dalla Germania) e fiore all’occhiello di un reparto in cui, divisi in 44 stazioni, lavorano orgogliosamente 45 operai.
ELEGANZA SENZA FRONTIERE - Lo stesso orgoglio pervade i volti e ogni singolo gesto delle sarte, sapienti e rapidissime nel foderare pannelli e sedili, e dei signori del legno, sopraffini artigiani che da un ceppo grezzo di koa hawaiano sono in grado di tirar fuori le liscissime lamine che ornano le plance di queste auto da sogno. Che i clienti, rivolgendosi al reparto speciale Mulliner, possono farsi personalizzare facendole diventare uniche nel loro genere (ammontano a circa 500 gli allestimenti “su misura” confezionati finora nel 2022). Ovviamente, senza badare a spese: basti pensare che un rivestimento in pelle “fuori catalogo” per le quattro poltrone, i pannelli e il soffitto di una Flying Spur può costare anche più di 70.000 sterline. Spiccioli, per emiri, rockstar e nobili dal conto in banca illimitato. Ma anche una dimostrazione tangibile, seppur un po’ venale, di come, a volte, l’eleganza si nutre di slanci superlativi.