NEVERENDING DIESELGATE - Interminabile Dieselgate. La vicenda che ha al centro la Volkswagen continua a fornire colpi di scena, e anche con notizie sorprendenti, in questo caso a proposito del nuovo Ceo del gruppo, Herbert Diess (nella foto). Il capo del colosso tedesco pochi giorni fa è stato negli Stati Uniti proprio per rispondere agli investigatori del Dipartimento di Giustizia e a quelli dell’FBI. E visto che solo la settimana scorso il procuratore generale di Detroit aveva reso pubbliche le pesanti accuse formalizzate contro Martin Winterkorn - il CEO Volkswagen nel periodo dello scandalo (scoppiato nel settembre del 2015) - c’è chi si è chiesto se Diess non rischiasse troppo (cioè non corresse il rischio dell’arresto) ad andare sul territorio americano, visto che iniziò a lavorare per la Volkswagen nel luglio del 2015 ed è nota la sua partecipazione a importanti riunioni sull’argomento della vicenda americana.
IMMUNITÀ ASSICURATA - La risposta ai dubbi è venuta ieri, con la pubblicazione di una nota di Bloomberg, in cui l’agenzia riferisce che a Diess sarebbe stato concesso una sorta di salvacondotto giudiziario, con cui le autorità americane garantiscono che non procederanno ad arresti contro il top manager capo della Volkswagen. E non solo: un impegno verbale avrebbe assicurato Diess che nel caso in cui si paventasse l’ipotesi che gli inquirenti intendono procedere al suo fermo, ci sarebbe un avviso preventivo. Una procedura che in Europa appare abbastanza insolita.
BUSINESS E INVESTIGAZIONI - Negli Stati Uniti però capita che i procuratori concedano qualcosa di simile a persone che devono essere interrogate e sono a rischio incriminazione, ma normalmente non c’è il rischio fuga. Con Diess evidentemente la cosa è diversa, in quanto il Ceo Volkswagen era in Germania, con una ipotetica estradizione difficilmente realizzabile. Comunque, l’iniziativa americana sarebbe stata presa principalmente per consentire a Diess di svolgere il suo incarico di guida del colosso Volkswagen, che conta su sedi in tutto il mondo, con 120 stabilimenti sparsi nei cinque continenti e la sequela di marchi da seguire. C’è però chi fa presente che il “salvacondotto” in questione sarebbe soprattutto una testimonianza del fato che gli inquirenti non ascrivo grandi responsabilità a Diess.