12 FIGLI - Qualche anno fa Ferdinand Piech - attuale presidente del consiglio di sorveglianza della Volkswagen e vero e proprio “faro” delle strategie del gruppo - disse, tra il serio e il faceto, che aveva voluto avere molti figli (12) perché in questo modo c’erano più possibilità che la famiglia avesse al suo interno qualcuno bravo, in grado di gestire l’articolata realtà degli interessi familiari. Gli anni futuri diranno se la strategia, per così dire demografica, di Piech ha pagato, intanto è certo che all’interno della dinasty Porsche c’è un contestatore: è Peter Daniell Porsche (foto qui sotto), 39 anni. È figlio di Hans-Peter Porsche, a sua volta figlio di Ferry (il creatore della casa automobilistica Porsche, nel dopoguerra) e nipote del capostipite della dinastia: “Herr Professor” Ferdinand.
DAL NAZISMO ALLE LOTTE DI POTERE - La contestazione è ampia e riguarda le logiche del potere, economico e non, in seno a tutto il clan Porsche-Piech, ma è evidente che inevitabile obiettivo principale dei suoi strali finisce con l’essere lo zio (in quanto figlio della sorella di suo nonno) Ferdinand Piech. Al centro delle critiche c’è la sete di potere, che nel corso degli anni avrebbe avuto molte occasioni di manifestarsi. Il libro fa così riferimenti agli anni del nazismo, quando la famiglia si compromise con il regime hitleriano (cosa peraltro testimoniata dal fatto che Ferdinand Porsche e Anton Piech, padre di Ferdinand, furono a lungo incarcerati dagli Alleati con l’accusa di filonazismo). Poi racconta di episodi di grandi baruffe tra i tanti membri della famiglia, sommariamente riconducibili ai due “rami”: i Porsche e i Piech. Addirittura, il libro racconta che il nome di Wolfsburg (il borgo del lupo) alla località sede principale della Volkswagen sarebbe stato scelto come un omaggio a Hitler, che dagli intimi era chiamato appunto Wolf, il lupo. Da notare che nell’autobiografia pubblicata da Ferdinand Piech nel 2002 (“Auto.Biographie” il titolo) c’è una nota a piè di pagina che parla del nome Wolfsburg, raccontando che il termine fu coniato dalle forze di occupazione inglesi, nel 1945. Dunque una versione del tutto diversa, anche se si può rimanere un po’ stupiti a trovare nel libro di Piech, che racconta una corposa vicenda umana, familiare e industriale, un dettaglio così marginale; quasi fosse un mettere le mani avanti.

POLIEDRICO MUSICISTA - Educato secondo i criteri della scuola alternativa steineriana, musicoterapeuta, suonatore di flauto, scrittore di libri di viaggi, animatore di numerose iniziative filantropiche, Peter Daniell Porsche ha una visione della vita molto lontana da quella del potente zio Ferdinand Piech (e non solo sua). Ne è una testimonianza anche il titolo del suo libro uscito da qualche settimana: “Nella vita c’è di meglio che costruire automobili”.
IL SEGRETO DELLA FELICITÀ - Circa la validità del titolo non c’è da dubitare; almeno se si può dire - come ha fatto Peter Daniell Porsche - di vivere con 100-200 mila euro all’anno, destinando ad attività filantropiche e culturali la rimante parte dei proventi derivanti dal suo pacchetto azionario del gruppo Volkswagen-Porsche, ammontante a circa 800 mila euro, senza fare alcunché nell’ambito dell’azienda automobilistica.


















































