DUE MESI COL FIATO SOSPESO - Non sono solo i dipendenti dello stabilimento Fiat di Mirafiori (nelle foto) a ritrovarsi col fiato sospeso, dopo che l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha comunicato la sospensione degli investimenti nella fabbrica torinese; pure i colleghi che lavorano nell’indotto restano sul chi vive. Il timore è che, a furia di “potare” l’industria dell’auto piemontese, si finisca con l’uccidere la pianta. Ecco perché le aziende che ne hanno la possibilità hanno già messo un piede fuori dall’Italia, come ha spiegato al quotidiano il Sole 24 Ore il presidente della Camera di commercio di Torino, Alessandro Barberis: “Da una parte, i principali fornitori della Fiat seguono la casa madre in Polonia, Brasile, Stati Uniti; dall’altra, stanno cercando di diversificare e incrementare l’export. Per la nostra filiera è fondamentale non dipendere da un solo committente”.
IL MERCATO TRABALLA - Nell’incontro dell’altro giorno con i sindacati Marchionne ha parlato chiaro: l’investimento a Mirafiori, che attualmente produce solo l’Alfa Romeo MiTo, dipenderà da come si evolveranno nei prossimi due mesi i mercati. Una precisazione che suona come una minaccia alla luce delle previsioni a tinte fosche dell’Unrae, secondo cui le immatricolazioni in Italia caleranno quest’anno di quasi il 19%. Con simili chiari di luna, l’avvio della produzione nella fabbrica torinese di una piccola suv, così come previsto dai piani industriali del Lingotto (qui per saperne di più), è quanto mai incerta. Se ne riparlerà a ottobre, quando la casa torinese tirerà le somme. Marchionne ha però confermato gli altri investimenti nel nostro paese.

E LA FILIERA “ESPATRIA” - Dal canto loro, le aziende della filiera guardano sempre di più all’estero. Secondo i dati dell’Osservatorio sulla filiera autoveicolare italiana, raccolti dalla Camera di commercio di Torino, “nel 2011 l’incidenza dei ricavi provenienti da oltre confine sul fatturato totale di filiera è stata del 57% (47,2% per i piemontesi)”. Questo vuole dire che “cala la dipendenza dalla Fiat: nel campione intervistato gli esportatori sono ormai più numerosi di coloro che riforniscono il gruppo torinese”. Un processo per nulla indolore, considerato che “il 75% delle imprese piemontesi intervistate ha dichiarato che dal 2008 a oggi ha fatto ricorso alla cassa integrazione. Nel resto d’Italia, lo stesso dato si attesta sul 51%”. Allo stesso tempo, scrive sempre l’Osservatorio, “le imprese, almeno quelle di dimensioni medio-grandi, si stanno attrezzando per produrre direttamente all’estero”. E nel 2012 la musica non sembra destinata a cambiare, visto che il 68,5% delle imprese interpellate dalla Camera di commercio ha lamentato una diminuzione degli ordini provenienti dall’Italia.



























































