Alfa Romeo: i nomi più belli

Negli anni ’80, infatti, Alfa Romeo Milano era il nome della 75 venduta nei mercati americani. Costruita nella fabbrica di Arese, come la “gemella” italiana, ma su linee dedicate, era mossa dallo stesso sei cilindri “Busso” della 75 2.5 V6, ma con 154 anziché 156 CV a causa dell’aggiunta del catalizzatore. Più curata nelle finiture e meglio insonorizzata, esteticamente si riconosce per gli specifici paraurti con “soffietti” laterali, in grado di assorbire urti fino a 8 km/h.

Ispirata alla show car disegnata dalla Italdesign e svelata nel 2002 al salone di Ginevra, l’Alfa Romeo Brera è una 2+2 basata sul pianale accorciato della berlina 159. La meccanica a trazione anteriore ne fa un’auto meno filante rispetto al prototipo (che era stato pensato per accogliere un motore V8 Maserati e con le ruote motrici posteriori), ma non certo priva di fascino. Il nome è un omaggio al quartiere milanese di Brera, dove ha sede l’omonima accademia di Belle Arti e in cui, a metà Novecento, erano soliti darsi appuntamento gli intellettuali e gli artisti della città. 

Frutto del progetto siglato 955 e battezzato inizialmente Junior, l’Alfa Romeo Mito, rimasta in produzione fino al 2018 e molto amata dai giovani, deve il suo nome all’asse Milano-Torino intorno al quale, dal 1986, anno in cui la casa milanese è stata rilevata dal gruppo Fiat, si svolgono le attività del Biscione. La base meccanica è quella della Fiat Grande Punto, rivista nella taratura delle sospensioni per offrire una guida più sportiva.  

Prima suv della casa milanese e basata sulla piattaforma con trazione posteriore o integrale su cui poggia la berlina Giulia, l’Alfa Romeo Stelvio prende il nome dall’omonimo passo alpino, che si snoda lungo i pendii delle Alpi Retiniche (tra il Trentino-Alto Adige e la Lombardia) ed è il più alto valico automobilistico del nostro paese. Nella sua categoria rimane un unicum quanto a piacere di guida e le ottime doti dinamiche, che si apprezzano sin dalle versioni “base” a gasolio, fanno la gioia degli sportivi nella più potente Quadrifoglio, mossa da un V6 biturbo a benzina con ben 510 CV.

Come la “sorella” maggiore Stelvio, anche l’Alfa Romeo Tonale nel nome omaggia un famoso passo alpino italiano, quello reso celebre fin dal 1933 dalle salite del Giro d’Italia e i cui tornanti si arrampicano lungo i fianchi delle montagne che a Nord circondano le province di Brescia e Trento. Questa suv (che ha una “gemella” americana, la Dodge Hornet) sfrutta la base meccanica della “cugina” Jeep Compass, modificata con una taratura più sportiva delle sospensioni e uno sterzo più diretto.

La prima Alfa Romeo Giulietta della storia è la Sprint, una leggera e scattante coupé che si è conquistata un posto speciale nel cuore di intere generazioni di alfisti per la bellezza delle forme, nate dalla matita di Franco Scaglione, e la grinta del motore quattro cilindri con distribuzione a doppio albero a camme in testa, un vero marchio di fabbrica per la casa milanese. Ma quali sono le origini del nome? La leggenda narra che la “Fidanzata d’Italia”, com’è stata romanticamente soprannominata all’epoca, sia stata battezzata così in seguito a una battuta di madame de Cousandier, moglie del poeta Leonardo Sinisgalli, allora consulente di Finmeccanica. Raggiunto il marito e altri dirigenti dell’Alfa in una caffetteria di Parigi, la signora esclamò divertita: “Siete otto Romeo e non c’è neanche una Giulietta?”. Risero tutti, per poi convenire che quel nome shakespeariano era semplicemente perfetto per la nuova auto del Biscione.

Alfa Romeo Giulietta è anche il nome della berlina, rimasta famosa per la sua tipica forma “a cuneo”, con il muso basso e la coda alta e corta, che nella seconda metà degli anni ’70 ha raccolto il testimone della Giulia. 

Il nome Alfa Romeo Giulietta viene rispolverato nel lessico alfista per l’erede dell’Alfa 147. Una vera best-seller di cui la nuova compatta della casa milanese, pur con un piglio meno sportivo, è riuscita a replicare il successo: è rimasta sulla breccia fino al 2020 e dai cancelli della fabbrica di Cassino ne sono usciti oltre 480.000 esemplari.

Ufficialmente si è sempre chiamata Alfa Romeo Spider, ma la capostipite della due posti con la capote in tela che la casa del Biscione ha prodotto in quattro serie fino alla prima metà degli anni ’90 è conosciuta in tutto il mondo con il soprannome di “Duetto”. A suggerirlo, vincendo un concorso internazionale che l’azienda aveva indetto proprio con l’intenzione di individuare un nome adatto alla nuova sportiva, fu un signore di nome Guidobaldo Trionfi, che non vide mai assegnare alla vettura la denominazione di sua invenzione, ma in premio ricevette le chiavi di un esemplare bianco nuovo fiammante.

Nello “spirito”, nell’impostazione meccanica e nel nome l’Alfa Romeo Alfetta riprende il soprannome dei bolidi da corsa con cui la casa milanese ha conquistato i primi due Campionati del mondo di Formula 1. Come le monoposto vittoriose nel 1950 e nel 1951, questa berlina sportiva adotta uno schema transaxle, con il motore anteriore e il gruppo frizione-cambio-differenziale in un unico blocco al retrotreno. Ne deriva una distribuzione dei pesi 50:50 tra i due assi, con una tenuta di strada che, all’epoca, aveva poche eguali. 

Alfa Romeo Alfasud è il nome del modello costruito nella fabbrica di Pomigliano d’Arco che ha avuto il merito di unire una volta per tutti gli alfisti italiani da Nord a Sud. Per farlo, la casa milanese rimase fedele ai suoi valori, sportività e piacere di guida in primis, dando alla luce una berlina inedita sotto molti aspetti, piccola fuori ma grande dentro e, per la prima volta nella storia del marchio, dotata della trazione anteriore anziché posteriore. Una rivoluzione che, per la casa milanese, si tradurrà nel suo maggior successo commerciale di sempre, con più di un milione di unità vendute tra il 1972 e il 1984.