FIAMME E LISTINI - Sembrerà strano, ma il fuoco non è tutto uguale. Ci sono le
fiamme che attaccando un’auto bruciano plastiche, gomma, e quant’altro costituisce la vettura. Fu il caso di qualche anno fa quando cinque esemplari di Ferrari 458 presero fuoco nel mondo. In poco tempo si scoperse che il responsabile era un mastice sigillante che non sopportava le alte temperature e innescava il fuoco. Ci sono poi le fiamme che sempre partendo da un’auto bruciano valore; per la precisione valore di capitalizzazione borsistica. È il caso che succede alla Tesla, la casa automobilistica di Palo Alto (California) che produce la
Tesla Model S (
nelle foto), berlina sportiva elettrica da 70 e più migliaia di dollari l’una.
TRE INCENDI DOPO INCIDENTI - Il primo ottobre l’universo di internet ha diffuso in un momento la notizia che a Seattle, negli Stati Uniti, una Tesla S aveva preso fuoco. 17 giorni dopo la cosa si è ripetuta per una seconda Tesla Model S in fiamme a Merida, in Messico. Quindi, sei settimane dopo il primo caso, una terza Tesla S ha preso fuoco a Smyrna, nel Tennesee, Usa. Tutti e tre gli incendi sono stati conseguenza di incidenti.
QUESTIONE BATTERIE - Considerandola dal punto di vista tecnico, le ragioni di interesse per la vicenda sono tutte nel comportamento delle pile, che notoriamente c’è chi ritiene rischiose proprio in caso di urto violento. Elon Musk, fondatore e big boss della Tesla, è sicuro nel ribattere che comunque le batterie sono molto meno pericolose di un serbatoio pieno di carburante, tesi ribadita a commento del primo dei tre incendi citati, dicendo che il sinistro avrebbe avuto conseguenze ben peggiori con una macchina a benzina.
L’ANDAMENTO IN BORSA - Senonché l’aspetto tecnico della sicurezza delle batterie al litio sembra essere il problema minore per la Tesla. L’interesse maggiore è per ciò che sta succedendo alle azioni della compagnia. Il 30 settembre scorso, il giorno prima il primo incendio, le azioni Tesla alla Borsa di New York erano quotate 193 dollari l’una, mentre ieri erano scese a 137 dollari, cioè il 29% in meno.
INDAGINI TECNICHE E BILANCI - I tre incidenti con fiamme delle Tesla Model S hanno certamente causato preoccupazione tecnica ma pure finanziaria, anche perché al terzo fuoco la NHTSA, l’ente della sicurezza stradale americano, ha deciso di avviare un’indagine sulle cause delle fiamme, allarmando i consumatori e di conseguenza gli investitoti. Ma c’è del resto, che esula dal discorso fuoco e fiamme. Nei giorni scorsi la presentazione dei risultati economici relativi al terzo trimestre ha messo in luce esiti meno positivi di quelli previsti (5.500 vetture vendute nei tre mesi contro le 7.000 previste, con utili ridotti), e questo sicuramente ha inciso sull’andamento borsistico non meno degli incidenti. In poche ore dopo la pubblicazione dei risultati, le azioni Tesla hanno ceduto il 12%.
TIMORI DI SUPERVALUTAZIONE - L’intreccio tra aspetti tecnici inerenti le fiamme e l’andamento economico va infine collocato in un quadro borsistico che vede la Tesla essere un caso del tutto anomalo: vendendo una dozzina di migliaia di vetture all’anno - sia pure da oltre 70 mila dollari l’una - la società ha una capitalizzazione di borsa al livello o superiore di quella delle grandi case automobilistiche. Una situazione che da tempo fa parlare di possibile “bolla” finanziaria che da un momento all’altro potrebbe scoppiare. Anche per questo le fiamme delle belle e filanti coupé Model S creano un doppio… odore di bruciato.