Kodo Design
Lo stile delle vetture più recenti della Mazda, come la 6 e la CX-5, prende spunto dalla natura. Il risultato sono linee filanti e dinamiche, che ricordano un felino in corsa
Mazda
Traducibile con “essenza del movimento”, il termine Kodo viene utilizzato dalla Mazda per definire lo stile delle sue vetture più recenti: la suv CX-5, la 6 (berlina e wagon) e i modelli che vedremo in futuro, a partire dalla nuova 3, la berlina media in arrivo nei prossimi mesi. A definire il design Kodo è stato il team guidato da Ikuo Maeda, che ha preso spunto dal mondo della natura per attualizzare e rendere più “vive” e dinamiche le linee slanciate che da sempre caratterizzano le auto Mazda. L’armonia, l’eleganza e l’energia strabordante messe in mostra da un centometrista o da un felino lanciato in corsa si traducono nei parafanghi ben evidenziati e nelle forme arrotondate ma molto nette di tetto e fiancate, che ricordano i muscoli in tensione. Un’ulteriore iniezione di grinta si trova nel frontale, dove il taglio dei fari ricorda gli occhi di un predatore.
 
Bonsai
La bellezza della natura in un palmo di mano. Grazie all’antica arte della potatura
Mazda
Il bonsai è l’arte di coltivare in vaso e far crescere in miniatura delle piante che, in natura, possono raggiungere dimensioni ragguardevoli. Grazie a una una sapiente potatura, le piante mantengono la forma desiderata, che dev’essere armonica ed esprimere una bellezza naturale. Il bonsai è nato dalle popolazioni nomadi del nord della Cina, che non potevano coltivare e che si fermavano in posti dal suolo povero di sostanze nutritive e, quindi, poco propizio alla coltivazione. Quest’arte porta la bellezza della natura fra le mani dell’uomo, e prevede una perizia e un’accuratezza del gesto che segue la pianta nella sua crescita con amorevole cura.

La filosofia del bonsai rimanda a quella del giardino giapponese, dove l’arte stessa è così “naturale” da essere totalmente inavvertita. Che si tratti di un giardino del tè, di quello di un tempio buddista o di una locanda (ryokan) tradizionale, della scenografica passeggiata di una villa imperiale o di uno qualsiasi dei molti altri tipi di giardino esistenti, l’ideale che ne sta alla base è sempre quello di creare una rappresentazione della natura in cui l’artificio umano sia nascosto.

Allo stesso tempo, il giardino deve suggerire un mondo più vasto dello spazio che esso comprende: un mondo in cui l’uomo può sentirsi pienamente a contatto con la natura anche nel cuore di una metropoli caotica. Anche i giardini Zen di sabbia e pietre, destinati alla meditazione, sono un mezzo di contemplazione della natura. Sono disposti in maniera tale che non vi si deve sentire una volontà umana: devono al tempo stesso simboleggiare e rappresentare la natura. La sabbia, in questi giardini, è rastrellata ogni giorno dai monaci affinché nessuna traccia possa intervenire nella regolarità dei granelli che formano come un oceano dalle onde immobili e sempre sono fiancheggiati da giardini ricchi di vegetazione, in cui il fluire dell’acqua ha una grande importanza.
 
Shodo
Una pratica affascinante, quella della scrittura e della calligrafia, che ha origini antichissime nella cultura giapponese. L’artista calligrafo spesso esegue l’opera con un solo tratto
Mazda
È l’arte di scrivere artisticamente con pennello e inchiostro nero sul vuoto di una pagina bianca. La cultura della calligrafia nel mondo sino-giapponese ha origini antichissime ed è stata influenzata profondamente dallo Zen sia in Cina che in Giappone. Ampiezza della visione, respiro, vitalità dell’espressione, dinamicità sono le caratteristiche che spingono all’ammirazione di un’opera di calligrafia, elementi che anche i monaci Zen apprezzavano. In quest’arte affascinante si trova spesso la grande capacità tecnica ma negli artisti più grandi, nei grandi maestri, questa abilità si sposa alla potenza e al movimento del tratto, soprattutto all’energia, vero motore dell’espressione artistica. L’artista calligrafo esegue l’opera spesso con un solo tratto, in un’esecuzione spontanea e fulminea che è frutto di un’elevata capacità meditativa che esegue il gesto prima nella propria mente.
 
Bento e sushi
I gesti decisi del cuoco di sushi evocano il rigore delle arti tradizionali, mentre nel bento troviamo un elevato equilibrio estetico e nutrizionale
Mazda
Il cuoco che prepara il sushi, tagliando accuratamente il pesce e disponendolo poi sulle piccole polpettine di riso aromatizzato all’aceto, esegue una serie di gesti precisi, codificati dalla tradizione, compiendo una sorta di cerimonia in cui i movimenti fluiscono naturalmente. Nelle sue mani il coltello sembra danzare. Energia e controllo sono alla base del gesto di tagliare, insieme al rispetto per la materia che usa per preparare il sushi, pesce e riso, che forniscono sostanze nutritive preziose per l’uomo. Perché anche in cucina si ritrovano la disciplina e il rigore delle arti giapponesi tradizionali, nei movimenti del cuoco e nello spirito che lo anima.

Il bento non è solo il pasto pronto, venduto in scatole di legno, che si acquista nelle stazioni prima di salire sul treno o che si porta con sé a scuola o al lavoro, disposto accuratamente in eleganti scatole in lacca o in divertenti contenitori, a forma magari di personaggi dei manga. È qualcosa di più. Una vera e propria arte. Come sempre, nella cucina giapponese la scelta dei cibi deve rispondere a criteri di equilibrio nutrizionale e di estetica. Nel caso dei bento per sushi, i piccoli bocconi di pesce sono accompagnati spesso da verdure in salamoia e disposti con cura nella scatola assieme agli indispensabili mini contenitori di salsa di soia e di wasabi (la verde pasta di rafano giapponese dal caratteristico gusto marcato). Armonia di forme e colori danno eleganza e fanno emergere il lavoro prezioso del cuoco.
 
Kendo
Una delle più famose arti marziali giapponesi. Si pratica indossando un’armatura particolare, che protegge il viso e il busto
Mazda
Il kendo, ossia la “via della spada”, era una delle diciotto tecniche d’armi che non dovevano mancare nell’educazione di un vero guerriero. È la tecnica più antica, non priva di connotazioni sacrali e, anche se codificata solo in epoca tarda, ossia nel periodo Edo (1603-1868), è da sempre considerata anche come disciplina mentale e perseguita allo scopo di giungere al dominio di sé. Viene praticata indossando una maschera e una corazza protettiva sopra agli immancabili hakama blu (i caratteristici pantaloni tradizionali) e usando una katana in bambù (l’arma detta shinai).

Il guerriero aveva particolare necessità di una mente imperturbabile che potesse restare intoccata e concentrata, incurante di ciò che stava accadendo, per reagire automaticamente in caso di attacco. Per questo nel kendo il gesto va compiuto in uno stato che lo Zen chiama “non mente” (mushin), una condizione che permette al soggetto di percepirsi come un tutto unico con la katana. Collegata al kendo è la tecnica detta iaido che comprende 12 movimenti di base, o kata, per estrarre la katana dal fodero (saya) e altri cinquanta per tagliare. In origine, questi gesti servivano per estrarre la katana e uccidere l’avversario con un unico, rapido e fluido movimento; ora si usano per l’addestramento lungo la “via della spada”.