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2023
gennaio 2023
Editoriale pubblicato su alVolante di

Con la bolletta alle stelle, chi userà le plug-in in elettrico?

“LO SAI QUALI SONO LE AUTO che farei proprio a meno di dover vendere, e come me, credo, tutti i miei colleghi?”. Quel giorno il capo-azienda di una nota casa automobilistica era in vena di confidenze, e aveva nel mirino le plug-in. “Sono complesse e pesanti, quasi due vetture in una. E costano care. Non le vuole nessuno”. Un paio d’anni dopo, questi modelli valgono appena il 5% del mercato italiano, nonostante il ruolo da protagonisti spesso assegnato loro nella comunicazione dei costruttori. E i 55mila clienti che li hanno scelti nel 2022, in larga misura aziende, lo hanno fatto soprattutto per darsi una patente green. Perché le plug-in possono viaggiare in elettrico per decine di chilometri, grazie a un sistema ibrido che prevede, accanto a un motore termico, una o più unità “a pila”. Quest’ultima ricaricabile anche dalla rete domestica o dalle colonnine pubbliche.

QUANDO SI AFFACCIARONO SUL MERCATO, queste auto sembravano la soluzione-ponte verso l’elettrico. Certo, erano costose. Ma ai vantaggi ambientali connessi all’utilizzo a batteria associavano il plus del basso costo della corrente. Poi le cose sono cambiate: con la bolletta energetica alle stelle anche per via della guerra in Ucraina e il taglio delle accise voluto dal governo Draghi, le plug-in alleggeriscono meno il portafogli se funzionano a benzina. Un paradosso che il recente intervento fiscale della Meloni (12,2 centesimi di accisa nuovamente a carico degli automobilisti) non cambia troppo. Come emerge dalla nostra indagine a pagina 98. 

CONTI ALLA MANO, SOLO PER NOVE dei 23 modelli plug-in provati da alVolante nell’ultimo biennio è conveniente attaccarsi alla rete elettrica e ricaricare. Attenzione: i calcoli sono basati sui consumi veri, rilevati con i nostri strumenti. Non su quelli sparati negli spot pubblicitari. Laddove, nel consumo medio, si tiene conto della parte (preponderante) percorsa in elettrico con la batteria carica. È l’effetto distorsivo del ciclo di omologazione WLTP e fa sì che le case possano tranquillamente dichiarare che una plug-in consumi meno di 2 litri di benzina ogni 100 km. Generando, di conseguenza, poca CO2. Col duplice vantaggio di accedere agli ecoincentivi (pagati dalla collettività) e di evitare le multe milionarie della Ue per i costruttori che, a livello di gamma, non rientrano nei limiti di emissione di anidride carbonica. Il fatto è che a usare queste auto in elettrico sono sempre stati in pochi. Ora, forse, con qualche ragione.

Guido Costantini



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