INIZIATIVA D’AVVIO - Forse le controversie e le diatribe (anche con proteste di piazza) sulle modalità di funzionare di Uber e delle attività simili hanno trovato una prospettiva di soluzione, anche se non a breve termine. La Commissione europea ha infatti pubblicato la sua “Agenda europea per l’economia collaborative”, che vuole essere una sorta di bussola per gli stati membri nel regolamentare appunto questo tipo di attività, tra cui rientrano Uber le varie realtà del genere, operanti non soltanto nel settore del trasporto. La definizione di “collaborative” è della stessa Commissione europea e sta ad indicare quei lavori che vengono svolti sulla base di una “collaborazione” che trova nelle applicazioni di Internet lo strumento caratterizzante, anche se il servizio in questione è altro. L’iniziativa della Commissione europea è stata presa di fronte al crescere rapido e consistente di queste attività e al parallelo intervento normativo degli stati in materia. Una realtà che essendo stata presa finora su base nazionale sta avendo caratteristiche diverse da paese a paese, con il forte rischio di creare una giungla normativa negativa per tutti e creare ostacoli allo sviluppo della “sharing economy” (appunto economia collaborativa) che invece contiene grandi potenzialità di crescita e di sviluppo.
ENORMI POTENZIALITÀ - Secondo la Commissione europea, il giro d’affari di questo settore nei 28 paesi membri dell’Unione nel 2015 è stato stimato in 28 miliardi di euro. Più in dettaglio, una indagine della agenzia di consulenza PwC (Pricewaters Cooper Consulting), commissionata dalla Commissione europea e condotta in nove paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Polonia, Spagna e Svezia) ha rilevato in soli cinque settori di attività, almeno 275 aziende di questo tipo, con un fatturato complessivo di 3,6 miliardi di euro. Per completezza, va detto che la documentazione della Commissione non fa riferimenti al giro d’affari perduto dalle forme tradizionali di attività a seguito dello sviluppo di quelle “collaborative”. Dei 3,6 miliardi censiti da PwC, 1,6 miliardi è relativo alle realtà che operano nel trasporto, tra cui la Commissione europea cita alcune protagoniste come Drivy (attività di noleggio tra privati presente a Berlino, Parigi e Barcellona, con 35 mila veicoli coinvolti); Sennder (trasporto di merci utilizzando i bagagliai vuoti dei bus sulle lunghe distanze, attiva in Germania); Baghtich (trasporto persone e merci); Carjump (Germania, carsharing). Da notare che non viene citata Uber.
CONTROVERSIE INEVITABILI - Una tale realtà non poteva non portare agitazione nell’ambito delle attività tradizionali toccate dal nuovo modello economico costituito dall’economia collaborativa. Ciò ha portato a delle contestazioni. Evidenti e anche clamorose quelle dei taxisti, ma non meno diffuse e profonde sono quelle del settore alberghiero, per quel che riguarda le attività collaborative funzionanti nel settore delle locazioni di breve durata, a fini turistici e non. Di fronte all’insorgere del problema le autorità nazionali hanno cominciato a intervenire e attualmente sono molti i paesi in cui sono in corso attività legislative sull’argomento. La Commisione europea riporta che sono 13 su 28 i paesi che hanno già varato qualche forma di regolamentazione. In molti altri sono in atto lavori in materia. Nell’ambito europeo ci sono state iniziative di limitazione delle attività collaborative, sostanzialmente in difesa dei modelli tradizionali di business. A proposito delle attività di trasporto, nei corposi documenti elaborati dalla Commissione europea si citano i casi del Tribunale di Milano che nel maggio del 2015 ha vietato UberPop per concorrenza sleale. In Spagna la Magistratura ha chiesto alle società di telefonia di disattivare l’accesso alle app di Uber. Sempre la Commissione europea ricorda che provvedimenti normativi limitativi delle attività collaborative sono stati presi in Francia, Belgio e Germania. E non mancano casi di iniziative in tal senso da parte delle autorità locali, come il quello della città di Wroclaw in Polonia.
AZIONE DI ORIENTAMENTO - Il quadro delineato dalla Commissione europea (che annuncia anche la pubblicazione nel corso del 2016 di uno specifico studio sulle attività collaborative nel settore trasporti) è la base per presentare le indicazioni generali su cui gli stati membri vengono sollecitati a muoversi per le loro attività legiferanti in materia. Questa parte tocca diversi aspetti, come l’accesso alle attività, la responsabilità dei soggetti attivi nell’economia collaborativa, le problematiche fiscali e quelle sociali, come la considerazione e il trattamento dei rapporti di lavoro. Le “ricette” fornite dalla Commissione europea affrontano infatti le diverse sfaccettature della questione, anche se non è che forniscano indicazioni precise capaci di eliminare ed evitare normative diverse da paese a paese. Per esempio, per il fondamentale capitolo dell’accesso alle attività il testo della Commissione europea afferma che le regolamentazioni in materia devono essere “giustificate e proporzionali, senza favorire un modello economico rispetto a un altro”. Questo senza stabilire criteri precisi sulla giustificabilità e la proporzionalità delle misure da prendere.
PAGARE LE GIUSTE TASSE - Per quanto concerne la fiscalità, la Commissione europea afferma che “gli stati membri dovrebbero prevedere obblighi proporzionali e condizioni eque; con obblighi fiscali simili dal punto di vista funzionale applicati alle imprese che forniscono servizi equivalenti”. Nel complesso, l’Agenda della Commissione europea dichiara che “l’UE dovrebbe sostenere attivamente l’innovazione, la competitività e le prospettive di crescita offerte dalla modernizzazione dell’economia. Parallelamente è importante garantire condizioni di lavoro eque così come un livello adeguato e durevole di protezione sociale e difesa dei consumatori”. Più o meno, il classico colpo al cerchio e una alla botte… Dunque, si tratta sì di un invito a intervenire cercando di armonizzare le norme a livello europeo, ma non ancora di veri e propri “paletti” da rispettare. Cosa che in pratica lascia aperti non pochi interrogativi legati alle attività collaborative. Un esempio per tutti: per quanto riguarda la responsabilità l’Agenda fa riferimento ai problemi di difesa della privacy per i dati sensibili che i soggetti attivi nel “collaborativo” vengono ad accumulare (informazioni varie e soprattutto per i pagamenti) ma nel settore del trasporto è evidentemente presente il rischio incidente stradale, e forse qualcosa sarebbe valsa la pena di dire su quali debbano essere gli obblighi e le responsabilità degli operatori delle attività collaborative in questo comparto.