CACCIA AL COLPEVOLE - Con sentenza 5029/2022, la Cassazione fa chiarezza in materia di risarcimento danni. Il caso è semplice: un automobilista che fa il pieno di gasolio e accusa il benzinaio: motore rovinato dalla presenza di acqua nel diesel. Come ottenere il risarcimento dal gestore della pompa? Occorrono le prove. Durante la battaglia legale, il proprietario della vettura non riesce a dimostrare il nesso di causalità fra “pieno annacquato” e guaio al propulsore: quindi, niente rimborso.
TRE GRADI, TRE SCONFITTE - In primo grado, in appello e in Cassazione, il titolare dell’auto riesce a dare le prove solo di due fatti. Uno: l’aver fatto rifornimento presso quel gestore. Due: il successivo guasto del mezzo a distanza di poche ore. Ma non ha modo di provare che il guasto sia dipeso dal rifornimento. Infatti, potrebbe anche dipendere da altri fattori, come un lento accumulo nel filtro del gasolio di un quantitativo di acqua. L’uomo non ha neppure dimostrato la presenza di acqua nel diesel erogato.
CHE COSA NON TORNA - Dalle parole dei testimoni, non poteva evincersi la presenza di acqua nel serbatoio, ma solo nel filtro del gasolio e negli iniettori. La pompa, nella stessa giornata, come pure in quelle precedenti e successive, ha erogato carburante senza che nessun automobilista abbia manifestato lamentale. Secondo le regole del codice civile, compete al venditore, identificato nel gestore della pompa, dimostrare di avere adempiuto la propria prestazione, cioè aver erogato il gasolio acquistato dall’automobilista. Mentre l'inadempimento, ossia il guasto causato dal rifornimento di gasolio, dev’essere dimostrato dal compratore. Circostanza che non s’è realizzata. Attenzione: il titolare del veicolo ha dovuto pure sobbarcarsi le spese legali per ben tre gradi di giudizio.