DUE PESI E DUE MISURE - Il mese scorso, mentre gli acquisti di veicoli da parte delle famiglie sfioravano un ribasso del 30%, quelli delle aziende salivano di ben il 17,3%. Questo divario, secondo Filippo Pavan Bernacchi, presidente della Federauto (associazione che riunisce i concessionari italiani) sarebbe da spiegare con un pesante ricorso alle immatricolazioni a chilometro zero: “I dati sono taroccati”, sintetizza senza mezzi termini Pavan Bernacchi in un’intervista a Il Sole 24 Ore.
C’È CHI DICE NO - Se così fosse, centinaia di auto sarebbero state intestate alle concessionarie che, a breve, dovrebbero rivenderle ricorrendo anche a maxi-sconti. Non tutti concordano con questa analisi, a partire da Gian Primo Quagliano del Centro studi Promotor, secondo il quale molte aziende sarebbero state costrette a sostituire i veicoli che non avevano cambiato l’anno scorso a causa della crisi. Inoltre, la fiducia nella ripresa dell’economia le renderebbe più propense a spendere. Al contrario, le famiglie italiane “vedono nero” e si tengono i soldi sotto il materasso.
NÉ NUOVE E NÉ USATE - A chi, comunque, andrà a caccia di affari, ricordiamo che le auto a “chilometri zero” sono nuove (devono aver percorso al massimo cento chilometri) ma immatricolate per la prima volta a nome del concessionario (un’operazione che, quasi sempre, viene fatta per raggiungere gli obiettivi di vendita imposti dalla casa). I vantaggi sono che queste auto vengono proposte con forti ribassi e che sono immediatamente disponibili. Il rovescio della medaglia è che hanno una garanzia più limitata: decorre a partire dalla prima immatricolazione (comunque, il venditore deve fornirne una di almeno un anno anche se è scaduta quella della casa). Inoltre, non si possono personalizzare: colore e accessori sono quelli, prendere o lasciare. Senza contare che, al momento della rivendita, è probabile vedersi rifilare quotazioni più basse di quelle correnti, visto che risultano aver avuto più proprietari.