SEGNALE DI ALLARME - C’è allarme nel settore automobilistico britannico per le possibili conseguenze della Brexit e in particolare per le modalità in cui essa si andrà a concretizzare nei prossimi mesi. La SMMT, associazione dei produttori e dei commercianti del settore automotive del Regno Unito a ha fatto sapere che dall’inizio dell’anno al 21 giugno gli investimenti nel settore sono stati pari a 420 milioni di euro, contro i 734 milioni dello stesso periodo del 2017. Il calo è stato del 42,8%. L’organizzazione del settore auto ha spiegato questo fenomeno con la forte incertezza attualmente esistente sul quadro normativo che ci sarà dopo l’uscita dall’Unione Europea.
CRITICHE ALLA PREMIER INGLESE - Il capo dell’organizzazione del settore automobilistico britannico, Mike Hawes, ha parlato di grande frustrazione ai vertici delle case costruttrici per la lentezza con cui procedono i negoziati tra governo di Londra e Bruxelles. In particolare Hawes ha affermato che Londra deve “riconsiderare la propria posizione sull’unione doganale”. Quindi una critica esplicita e di merito alla premier Theresa May. Il timore del settore automobilistico che si arrivi alla data fatidica del 29 marzo 2019, quando il Regno Unito sarà effettivamente fuori dall’Unione, senza aver raggiunto un efficace accordo sugli scambi commerciali o con un’intesa pasticciata. Entrambe le ipotesi sono viste come sicure portatrici di gravi problemi per le attività e per gli scambi.
TIMORI PER I GROSSI RISCHI - Quanto sia delicato e importante la questione lo si comprende bene se si considera che il 52% degli scambi commerciali del Regno Unito avvengono appunto con l’Unione Europea. Da lì l’obiettivo del governo di arrivare a chiudere un’intesa di libero scambio doganale, ma la cosa è ancora per l’aria, non essendoci un accordo con le autorità di Bruxelles. E questa è appunto l’incertezza che inquieta. In molti sottolineano che l’industria dell’automobile in Regno Unito occupa circa 800 mila persone con un fatturato di 94 miliardi di euro.
LA COMPONENETISTICA - A dare un’immagine concreta di che cosa potrebbe significare una situazione post-Brexit è venuta una presa di posizione della BMW, presente in Inghilterra con la produzione della Mini e Rolls-Royce. La casa tedesca ha avvertito che se la nuova situazione porterà problemi, in particolare sulle forniture, sarà costretta a chiudere gli stabilimenti. A dichiararlo al Financial Times è stato il manager BMW che si occupa degli aspetti doganali degli approvvigionamenti, Stephan Freismuth. Quanto il problema sia effettivamente grande lo si capisce considerando che il 90% delle componenti per l’assemblaggio della Mini proviene dall’Europa continentale. “Un ritardo alle frontiere per questioni doganali costituirebbe un problema molto grosso con sensibili costi aggiuntivi” ha affermato Freismuth.