DICHIARAZIONI FALSE - Secondo alcune fonti giornalistiche, il gruppo FCA avrebbe accettato di corrispondere una somma pari a 110 milioni di dollari a titolo di risarcimento nei confronti di un gruppo di suoi azionisti, i quali nel 2015, intentarono una class action contro la compagnia automobilistica accusandola di aver loro fornito false informazioni su alcuni modelli di veicoli. In particolare, la FCA avrebbe reso dichiarazioni menzognere agli investitori in merito alle emissioni di un motore diesel e avrebbe dichiarato falsamente che i propri modelli fossero conformi alle normative sulla sicurezza americane.
RICHIAMI TARDIVI - Gli azionisti accusarono la FCA anche su un altro versante: quando il gruppo automobilistico svelò di aver proceduto tardivamente ai richiami sulle auto coinvolte, i titoli in borsa avrebbero perso valore, arrecando agli stessi investitori un danno economico ingente. La FCA, dal canto suo, continua a negare con forza le accuse che le sono state rivolte e afferma di aver accettato di buon grado il patteggiamento poiché la somma di 110 milioni di dollari, da corrispondere agli azionisti a titolo di risarcimento, è interamente coperta da una polizza assicurativa.
LO SCANDALO - La vicenda ebbe inizio nel settembre del 2015 quando l'EPA (l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti d’America) sottopose ad approfondite verifiche alcuni veicoli equipaggiati con il propulsore 3.0 V6 Ecodiesel prodotto dalla FCA; emerse che circa 104.000 auto in circolazione infrangevano i limiti sulle emissioni di NOx. I modelli coinvolti erano le Jeep Grand Cherokee e i Dodge Ram 1500 prodotti negli anni 2014, 2015 e 2016. La FCA fu così citata in giudizio dal Dipartimento di Giustizia americano; solo a gennaio del 2019 la compagnia automobilistica ha accettato di versare 800 milioni di dollari per chiudere la controversia.






























