OBIETTIVO… RISPARMIO - Oltre ai motori turbo di cilindrata ridotta, tra le principali novità della Formula 1 di quest’anno figura un maggior sfruttamento del Kers, il dispositivo che recupera energia elettrica in frenata per immagazzinarla in batterie, proprio come nelle auto ibride di serie. Il Kers (che, rispetto al 2013, è chiamato a gestire quantità di potenza pari a circa il doppio) comprende un motore/generatore elettrico collegato alle ruote posteriori: alternativamente, può fungere da freno (e in questa situazione genera energia elettrica), oppure “aggiungere cavalli” al propulsore a benzina per fornire più spinta in accelerazione. Il “gioco” consiste nel recuperare la massima quantità di energia durante le frenate, per poi restituirla quando il pilota lo richiede. Sembra semplice, ma ottenere il meglio da un simile meccanismo in una monoposto ridotta all’osso e quando tutto deve accadere in frazioni di secondo è ben altra cosa.
BRAKE BY WIRE - A causa dell’impossibilità di superare determinati livelli di potenza nelle fasi di ricarica delle batterie, il Kers non può essere sfruttato nelle frenate da altissima velocità, nelle quali (come in passato) il rallentamento viene interamente affidato alle “classiche” pinze e pastiglie. Sotto i 110 km/h circa, invece, è il solo Kinetic Energy Recovery System (sistema di recupero dell’energia cinetica, questo il significato della sigla Kers) a rallentare l’auto. Complessa, quindi, la suddivisione dei ruoli tra freni tradizionali e Kers. Per questo motivo, da quest’anno la potenza frenante applicata al retrotreno viene gestita elettronicamente (mentre le pinze davanti rimangono sempre direttamente controllate dal pilota attraverso la pressione esercitata col piede sinistro): è la cosiddetta Brake By Wire (o frenata a gestione elettronica). Se tutto funziona perfettamente, il pilota non deve accorgersi di nulla: i software che i team sviluppano devono dare al suo piede lo stesso feeling dei vecchi sistemi. E, se qualcosa va storto, un by-pass permette di tornare al tradizionale sistema idraulico, ma con prestazioni limitate. Giusto quanto basta per rientrare ai box.
CHI FA COSA - Se è compito delle scuderie sviluppare i programmi che regolano il Kers e la Brake By Wire, sono i fornitori di sistemi frenanti a dover mettere a punto l’hardware: non solo la centralina per gestire i freni dietro, ma anche il sistema idraulico, le pinze, le pastiglie e i dischi. Tra i protagonisti in questo campo c’è l’italiana Brembo (il cui reparto corse è a Curno, a pochi chilometri da Bergamo), che fornisce sistemi completi a sei team di F1 su 11 e produce i dischi per una settima scuderia. Ovviamente, ogni squadra ha esigenze specifiche, per cui i tecnici devono realizzare impianti “su misura”. Per esempio, se il regolamento Fia ammette per le monoposto pinze con al massimo sei pompanti (sono i pistoncini idraulici che spingono le pastiglie contro i dischi), c’è chi al retrotreno ne usa solo quattro, in modo da ridurre il peso: tanto il resto del lavoro lo fa… il Kers. Altri studi riguardano poi il posizionamento e il raffreddamento delle pinze.
COME NASCE UN FRENO DA F1 - Viene da chiedersi, a questo punto, che cos’abbiano in comune i freni di una Formula 1 con quelli delle auto di serie, sportive incluse. In realtà ben poco, se non il principio di funzionamento. Sia lo studio dei materiali (per garantire leggerezza ed elevate prestazioni), sia l’aerodinamica per il raffreddamento sono spinti ai massimi livelli. Per esempio, le F1 utilizzano dischi e pastiglie interamente in carbonio, mentre le sportive stradali ricorrono al massimo a dischi in carboceramica e a pastiglie in materiale organico. La differenza in termini di peso? Per il gruppo frenante di ogni singola ruota, per le monoposto si parla di sei chilogrammi, contro i circa 20 delle “stradali”. Non solo: produrre i complessivi in carbonio è un processo lungo anche 7-8 mesi, contro le poche settimane richieste dai più evoluti sistemi di serie. Le pinze sono ottenute da un blocco di alluminio massiccio forgiato, successivamente fresato in più passaggi. Alla fine uno scanner tridimensionale ne verifica la perfezione.
STANNO BENE… AL CALDO - A differenza dei freni delle vetture stradali, quelli delle Formula 1 a freddo non funzionano bene. Per questo devono andare rapidamente in temperatura (i dischi danno il meglio intorno ai 350 gradi, ma si può arrivare a oltre 1000). La parte che teme maggiormente il calore eccessivo è la pinza, dentro la quale non si possono superare i 200-220 °C per non rischiare la fusione delle guarnizioni interne. Perciò, le fibre di carbonio delle pinze devono fare da isolante termico, mentre le due facce del disco e il suo interno devono essere accuratamente ventilati. A Curno, uno speciale banco di prova consente di simulare per intero un gran premio, per valutare lo stress dei freni. Tra le piste che richiedono la maggior potenza delle frenate ci sono Monza e Montreal, mentre in Bahrain e a Singapore sono le temperature ambientali a creare problemi, oltre al fatto che dischi e pastiglie, continuamente sollecitati, non hanno il tempo di raffreddarsi.