Mentre, secondo alcune fonti giapponesi, la Marelli Holdings starebbe valutando la possibilità di presentare istanza di fallimento negli Stati Uniti per garantire continuità alle sue operazioni, si intensificano le voci di una possibile vendita dell’azienda al gruppo indiano Motherson. Ciò ha fatto scattare l’allarme dei sindacati, che hanno chiesto chiarezza sui circa 6.000 dipendenti impiegati nei 10 impianti presenti nel nostro Paese. I rappresentanti dei lavoratori (Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr) invocano l’intervento del governo per far luce sul futuro dell’azienda in Italia, preoccupati da un “deterioramento della situazione” negli stabilimenti italiani. Sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbero in particolare quelli più legati a Stellantis, come Melfi, Sulmona e Caivano.
Da qualche anno la Marelli sta affrontando alcune difficoltà dovuta in parte alla crisi dell’industria automobilistica, al calo degli ordini da parte di Stellantis e ad alcune scelte che si sono rivelate strategicamente sbagliate. La storica azienda di componenti è stata venduta da FCA nel 2019 per 6,2 miliardi di dollari al fondo statunitense Kkr, che prima l’ha fusa con la concorrente giapponese Calsonic Cansei per poi varare nel 2022 un piano di ristrutturazione che ne ha migliorato i conti. Tuttavia, il fondo americano vorrebbe da tempo liberarsi della Marelli e sembra che il gruppo Morherson si sia fatto avanti.
Stando a quanto filtra, gli indiani si sarebbero proposti per comprare a zero le azioni della Marelli e acquisire tutta l’azienda, ad eccezione di alcune divisioni che invece potrebbero tornare a essere controllate dalla Nissan. Motherson sembrerebbe disposta a iniettare capitali freschi (circa 700 milioni di dollari) e saldare il 20% dei 4,2 miliardi di debiti della Marelli, e per questo deve ottenere il via libera dei creditori. Incertezza che preoccupa e non poco i sindacati italiani: la difesa della Marelli, dicono, “è importantissima dal punto di vista industriale e occupazionale, per cui è urgente un intervento del governo oltre che delle Regioni”.






























