RICORSO ACCOLTO - Con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri, lo scorso luglio erano stati individuati raccordi e tratti autostradali gestiti direttamente dall’Anas (fra cui la Roma-Fiumicino e il Grande raccordo anulare) dove introdurre un aumento o una tariffa per il pedaggio, come previsto dalla manovra finanziaria. Ma, la provincia di Roma, con il Codacons e 40 comuni in provincia della Capitale e di Rieti, oltre alle province di Firenze, Rieti, Ferrara, Pescara, la regione Toscana e il comune di Fiano Romano, hanno fatto ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) del Lazio contro i nuovi pedaggi, vincendolo.
IL GOVERNO NON ARRETRA - Con otto sentenze (ed è in arrivo la nona, che riguarda la provincia di Siena) i giudici della prima sezione del Tar hanno annullato il decreto perché agli automobilisti è “richiesta una prestazione patrimoniale aggiuntiva che prescinderebbe dall’utilizzo concreto del tratto viario interessato dal pedaggio”: infatti, su alcune tratte è ingiusto far pagare il casello a chi poi, effettivamente, non si immette in autostrada. Oltretutto, il decreto del Governo viola le nome comunitarie: non sono ammissibili nuovi balzelli che siano al di fuori di un razionale sistema nazionale di pedaggio e utili soltanto per fare cassa. A questo punto è probabile una richiesta di rimborso da parte di quegli automobilisti che hanno pagato quello che non dovevano. Per voce di Roberto Castelli, viceministro alle Infrastrutture, il Governo non intende rinunciare a questi introiti, perché non è giusto che alcuni cittadini non paghino servizi che tutti gli altri italiani sostengono finanziariamente.