IMPUTATO AUTO - Ogni anno con l'arrivo dell'inverno il problema della concentrazione di inquinanti in città si ripresenta puntuale, divenendo “emergenza” nei periodi con scarse precipitazioni come nell'attuale stagione. A salire sul banco degli imputati è soprattutto l'auto, ritenuta la principale responsabile dello smog urbano. Ma è davvero così? Per capirlo abbiamo analizzato i dati dell'Ispra, l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, sulle immissioni in atmosfera degli inquinanti nel periodo 1990-2012.
INQUINAMENTO IN CALO - La prima valutazione che emerge dall'osservazione dei valori rilevati è il costante miglioramento della qualità dell'aria. Nei 23 anni presi in considerazione le concentrazioni di ossidi di azoto sono diminuite del 58%, quelle di monossido di carbonio del 70% e quelle di benzene dell'89%. Cali tali da non destare più particolare preoccupazione da parte degli esperti che si concentrano su un inquinante che ancora oggi desta maggiore allarme per i continui superamenti rispetto ai limiti della normativa in vigore e ai livelli indicati dall'Organizzazione mondiale della sanità: le polveri sottili nelle sue varianti PM10 e PM 2,5. La concentrazione nell'aria della prima si è ridotta del 36% dal 1990 al 2012, quella della seconda del 39%. Miglioramenti significativi, ma non ancora sufficienti per dichiarare l'aria salubre.
Emissioni nazionali di PM 10
UN TAGLIO ALLE POLVERI - Lo studio dell'Ispra indica pure le principali fonti delle emissioni. Per il PM10 il principale imputato è, per il 2012, il riscaldamento domestico con il 41% del rilascio delle polveri. Al secondo posto ci sono i trasporti, voce comprendente auto, furgoni e veicoli industriali, con il 17% di “responsabilità”, in gran parte dovuta ai veicoli con motore a gasolio (83%). Interessante notare che l'incidenza dei “motori” dal 1990 è calata del 53%, con tagli del 51% per le auto, del 45% per i veicoli commerciali e del 63% per camion e autobus. Andamento simile hanno i dati del PM 2,5 dove i trasporti sono i secondi emettitori, sempre dietro il riscaldamento, e incidono per il 17%. A livello storico si ha una riduzione del 57% del “black carbon” rilasciato dai veicoli con un contributo, per il 2012, dell'86% dei veicoli diesel, del 13% di quelli a benzina e dell'1% per le altre alimentazioni.
PM 2,5 IN CALO DEL 60% - Il miglioramento ottenuto dal settore trasporti è da imputare essenzialmente alla tecnologia. Le sempre più stringenti normative continentali sulle emissioni hanno costretto le case automobilistiche ad adottare soluzioni “verdi” del quale il filtro antiparticolato è l'elemento più noto. L'esito è che i 140 microgrammi rilasciati da un'auto diesel Euro 1 si sono ridotti a 5 mg per le più moderne vetture Euro 5. Un perfezionamento di 28 volte che ha permesso di diminuire le 50 migliaia di tonnellate/anno di PM 2,5 rilasciate in atmosfera in Italia dai trasporti nel 1990 a poco più di 20 migliaia di tonnellate/anno registrate nel 2012.
INQUINAMENTO DOMESTICO - Nonostante l'abbassamento delle emissioni dei trasporti l'aria delle nostre città continua ad essere ancora troppo spesso sopra i limiti di legge. Perché? Le ragioni sono diverse. Nel settore trasporti la più rilevante è l'ancora alta percentuale di veicoli ad alta anzianità. Malgrado le campagne di rottamazione, infatti, permangono in circolazione più di 11 milioni di modelli Euro 0, 1 o 2. L'altro motivo di rilievo è la crescita della responsabilità di altri settori e, in particolare, del riscaldamento domestico. Dai dati Ispra emerge che le emissioni del settore sono cresciute dalle 30 migliaia di tonnellate/anno del 1990 a oltre 60 migliaia di tonnellate nel 2012. Un raddoppio che, di fatto, ha annullato il risparmio ottenuto dal comparto motori.
Emissioni nazionali di PM 2,5
LE COLPE DELLA LEGNA - Le ragioni del forte innalzamento delle polveri fini “residenziali” sono da attribuire soprattutto all'incremento del consumo delle biomasse, ossia di legna e pellet per il riscaldamento, in particolare a partire dal 2003. Un maggiore consumo andato spesso a scapito dell'impiego del metano con conseguenze pesanti sulle emissioni di PM 2,5. Secondo l'Ispra, infatti, la quantità di PM 2,5 rilasciata dalla combustione delle biomasse è 2.000 volte superiore a quella generata dal metano a parità di unità di energia bruciata.
CAMBIARE POLITICHE - Dai rapporti dell'Ispra sembra emergere con chiarezza che l'indice del principale imputato non andrebbe più rivolto alle auto, ma alle biomasse. Detto questo, è auspicabile che il settore trasporto prosegua la tendenza verso il ribasso delle emissioni con il miglioramento tecnologico e con la sostituzione delle vecchie auto con le più moderne Euro 6, meglio se a Gpl o metano, o con le auto elettriche. Ma sarebbe auspicabile per la salute di tutti che le politiche per il miglioramento della qualità dell'aria prendessero provvedimenti più stringenti per l'impiego di legna e pellet.