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UberPop, un accordo ad alto rischio

13 luglio 2015

Il Corriere della Sera fa luce sugli obblighi a cui dovevano sottostare i “taxisti alternativi” prima dello stop imposto dal tribunale.

UberPop, un accordo ad alto rischio
CONTRATTO O CAPESTRO? - UberPop, l’app che permetteva di chiamare un taxi alternativo guidato da conducenti senza licenza, fa ancora notizia. Dopo l’alt che il tribunale di Milano ha imposto per tutta l’Italia alla versione low cost di Uber, il servizio di noleggio di berline nere con conducente (vedi news qui), il Corriere della Sera svela come funzionava il contratto di lavoro fra UberPop e gli autisti aderenti (e privi di autorizzazioni o licenze di sorta). Riportando una serie di paragrafi che meritano qualche spiegazione. Eccone alcuni: “Raisier non fornisce servizi di trasporto né è un vettore di trasporto”; “Raisier svolge l’attività di fornire generazione di contatti”; “Lei è un fornitore di trasporti indipendente che offre servizi di rideshare e trasporto P2p”. Raisier è il nome di una una srl olandese (Raisier operations bv) che si occupava di stipulare contratti con i driver. “Lei” era invece l’autista, un appaltatore indipendente operante “con una patente di guida valida e tutte le licenze, autorizzazioni e altri prerequisiti legali per svolgere i servizi di rideshare o trasporto P2p (peer to peer, da cliente a cliente, n.d.r.) come richiesto dagli Stati in cui opera”. 
 
MA IL LEGALE PRECISA… - In parole povere, era il driver a rispondere in proprio: mai la società. Infatti, come recitava il contratto: “Lei (il driver) sarà responsabile di soddisfare i requisiti di tutte le normative prescritte dalla legge ora o in futuro” e “Lei sarà responsabile nei confronti del cliente per tutte le richieste di danni e/o lesioni”. E ancora: “Lei riconosce che è sua responsabilità (...): A) informare il suo assicuratore del servizio di trasporto P2p offerto; e B) assicurare che la sua polizza assicurativa offra copertura per il trasporto P2p offerto”. Tuttavia, l’avvocato dei driver di UberPop, Matteo Repetti, ha tenuto a precisare tre cose. “Il contratto pubblicato è traduzione di uno standard internazionale. Oltre alla polizza richiesta ne viene fornita una collettiva, non citata nel contratto. Uber ormai è un brand sinonimo di sicurezza, più di molti servizi taxi”. Arrivederci alla prossima puntata…


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Ritratto di stefbule
14 luglio 2015 - 18:29
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Questi (uber-google) ciurlano nel ma nico come si usa dire, vogliono far soldi senza prendersi responsabilità e spendendo il meno possibile (quasi zero). Son fortunati che quasi tutti lo capiscono molto in ritardo (specialmente i loro driver), ma prima o poi, ci arrivano e quando la gente comincia a capire, la loro bolla di sapone scoppia.
Ritratto di rafficiè
15 luglio 2015 - 13:24
basta con questi fuorilegge, preferisco essere truffato dai tassisti che almeno hanno una licenza per guidare!