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Airbag Takata: un richiamo “biblico”

20 maggio 2015

Negli Usa sono ormai 34 milioni le auto che dovranno andare in officina per gli airbag difettosi della Takata. Anche l'Europa è interessata.

Airbag Takata: un richiamo “biblico”
QUESTIONE DI UMIDITÀ - La storia ormai è lunga. Dei problemi manifestati dagli airbag della Takata si parla periodicamente da almeno una dozzina d’anni e dopo tante indagini e sollecitazioni dalle autorità americane preposte alla sicurezza dei veicoli, la società nipponica specializzata in airbag, cinture di sicurezza e seggiolini per bambini ha ammesso che effettivamente gli airbag da lei prodotti possono avere dei problemi pericolosi. In particolare l’esame degli incidenti effettivamente verificatisi e gli studi di laboratorio effettuati hanno messo in luce che gli airbag in questione presentano il rischio di accumulare umidità, con il conseguente crearsi di muffa nel contenitore delle sostanze esplosive contenute negli airbag. Ciò crea il pericolo di esplosioni molto più violente di quanto programmato. In tali situazioni l’airbag finisce con lo “sparare” nell’abitacolo pezzi metallici e di plastica relativi al contenitore dell’airbag stesso. 
 
MAL SIGILLATI - All’origine del problema è stato appurato che c’è una non perfetta chiusura dell’involucro, che non risultando sigillato come dovrebbe, lascia entrare l’umidità. Tra i primi segnali di questo fenomeno raccolti dalla Takata a partire da una decina d’anni fa c’è così stata la constatazione che dagli Stati americani dal clima particolarmente umido, le auto con l’airbag difettoso risultavano percentualmente molte di più di quelle che circolavano normalmente in Stati più asciutti. La Takata per diversi anni ha insistito sulla necessità di sviluppare indagini circa i fenomeni chimici, oltre che sottolineare come possano essere diverse le cause del malfunzionamento degli airbag. Poi, due giorni fa, anche in seguito all’insistenza del Dipartimento dei Trasporti americano è arrivata infine la ammissione da parte della Takata dell’esistenza dei problemi. Ciò ha portato all’emissione di un provvedimento con cui la Takata ha 60 giorni di tempo per presentare un programma di iniziative volte a rimuovere totalmente e definitivamente il problema. Iniziative che saranno controllate dalla National Highway Traffic Safety Administration, che è emanazione del Dipartinmento dei Trasporti. 
 
RICERCHE E RICHIAMI - L’aspetto più clamoroso del programma è il richiamo di quasi 17 milioni di veicoli negli Stati Uniti per verificare le condizioni della parte difettosa con sua sostituzione. Il provvedimento precisa che la Takata si impegna a collaborare nelle indagini tecniche e nel fornire tutte le informazioni che saranno ritenute necessarie, oltre a promuovere - da sola o in collaborazione con i costruttori delle auto - la campagna di richiami, che dovrà avvenire “nel più breve tempo possibile”. Con questa nuova iniziativa, i richiami decisi negli Usa a partire dal 2011 per i problemi di airbag sono saliti a circa 34 milioni (17 milioni è il totale accumulato prima della decisione dell’altro ieri). Anche l'Europa è coinvolta nel maxi richiamo anche se non esistono numeri complessivi. Le case automobilistiche sono numerose. Ci sono in pratica tutti i costruttori giapponesi oltre Chrysler, Ford, BMW e Daimler. 
 
CONSEGUENZE FINANZIARIE - Come prevedibile, in seguito a questi ultimi sviluppi la società Takata è nell’occhio del ciclone. Per far fronte agli impegni legati ai richiami in questione, si stima costi tra 4 e 5 miliardi di dollari. Alla Borsa di Tokyo nella giornata di mercoledì 20 maggio il titolo della Takata  ha registrato perdite per il 12%. Nei mesi scorsi la società aveva affermato di essere in grado di far fronte alle necessità derivate dalla vicenda, ma ora la situazione si è ulteriormente appesantita. 
 
BANCHE ALLARMATE - Nel novembre scorso, l’agenzia Reuter aveva riportato voci di riunioni delle banche partner della Takata per valutare le possibili iniziative. La Takata appartiene all'omonima famiglia, che detiene il 59% del pacchetto azionario. Gli analisti ritengono che un eventuale intervento delle banche porterebbe inevitabilmente a importanti cambiamenti nella governance della società.


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Ritratto di PongoII
20 maggio 2015 - 16:41
7
Di biblica, oltre la complessità ed i costi del richiamo c'è sicuramente la figuraccia. Strano per i super efficienti nipponici. Chissà se qualcuno in Takata, viste anche le conseguenze borsistiche, farà harakiri...
Ritratto di tuco pacifico benedicto juan maria ramirez
20 maggio 2015 - 20:41
ma questi da 10 anni fanno airbag "difettosi"?
Ritratto di Fr4ncesco
20 maggio 2015 - 23:20
2
Ma ci sarà quindi un richiamo ufficiale da parte delle case coinvolte? 34 milioni di auto sono un numero incredibile, tutti noi potremmo avere pezzi difettosi! E riguardo l'Europa non sì saprà niente di più specifico? Se ci sono tutti quei pezzi difettosi negli USA ci saranno anche qui da noi.