VISIONI CONTRAPPOSTE - Le auto elettriche continuano a creare accesi dibattiti tra chi le considera poco utili e coloro che le ritengono indispensabili per una mobilità sostenibile. Le tesi a sostegno dei primi sono l'elevato prezzo d'acquisto e le difficoltà di ricarica che ne limitano la diffusione come dimostrano i dati di immatricolazione. Per i secondi il contributo dei veicoli a batterie è indispensabile per combattere inquinamento, cambiamenti climatici ed economia e la loro scarsa diffusione dipende più dalle scelte politiche piuttosto che dai limiti dei modelli, che pure sussistono.
“ELIMINATA” LA CO2 DELL'ITALIA - A supporto dei propri ragionamenti i sostenitori dei modelli a zero emissioni citano diverse ricerche, tra le quali uno studio del 2012 dell'istituto olandese CE Delft realizzato per conto della Commissione europea. Un'analisi dal quale emerge che l'acquisto e l'uso di esemplari a batterie consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 del Vecchio Continente nel 2020 di valori compresi tra 96 e 174 milioni di tonnellate. Cifre che salirebbero a 330-371 nel 2030 e di 420-462 nel 2050. Una quantità, quest'ultima, che corrisponde a circa l'intero rilascio di CO2 emesso dall'Italia in un anno. Da notare che altri “tagli” del settore trasporti potrebbero arrivare dalla maggiore diffusione di auto ibride (meno 53-116 milioni di tonnellate di CO2 nel 2020), di modelli più piccoli (80-96 in meno), dall'adozione di una guida ecologica (-47) e dal telelavoro (35-45).
I RISPARMI ECONOMICI - Sintetizzando i dati citati, nella peggiore delle ipotesi, entro il 2020 sarebbe possibile evitare di immettere in atmosfera 314 milioni di tonnellate di CO2 (959 nel 2050) responsabili dei cambiamenti al clima che provocano eventi estremi (forti precipitazioni, ondate di calore, ecc.). Un “taglio” che si tradurrebbe, secondo i sostenitori della mobilità elettrica, in forti risparmi economici derivati dalle minori importazioni di petrolio e dalle inferiori spese per la salute pubblica e per riparare ai danni generati dagli eventi estremi (alluvioni, siccità, ecc.).
IL FALLIMENTO ITALIANO - Altro tema sottolineato dai favorevoli dei veicoli elettrici riguarda le vendite, effettivamente contenute a causa della tecnologia “giovane” che non è ancora appetibile dal punto di vista economico e di prestazioni. Da notare però, sottolineano, che le immatricolazioni in Europa sono molto diverse a seconda dei Paesi. In Italia, dove i contributi statali si sono rivelati poco efficienti, le consegne 2012 si sono chiuse con appena 524 veicoli elettrici consegnati, dei quali il 77% acquistati da società di noleggio e car sharing (ricerca Aniasa). Un situazione molto diversa da altre nazioni dove la politica ha puntato con più coraggio sulle auto a emissioni zero.
I SUCCESSI DI NORVEGIA E FRANCIA - In Norvegia, piccolo mercato (circa 140.000 unità l'anno) dove esistono incentivi consistenti e un serio programma per la diffusione di colonnine, ad aprile la Nissan Leaf ha conquistato il secondo posto assoluto nelle vendite mensili con 455 preferenze, pari al 3,3% del mercato, contro le 903 della Volkswagen Golf (6,5%) e le 431 della Toyota Auris (3,1%), terza in graduatoria. Un numero che ha portato a oltre 4.500 le immatricolazione dell'elettrica giapponese in 18 mesi di commercializzazione. Analogamente in Francia, dove le agevolazioni statali possono arrivare a 7.000 euro, nei primi 4 mesi del 2013 le vendite delle auto a batteria sono raddoppiate passando da 1.595 a 3.188 unità (in crescita pure i commerciali, da 856 a 1.780). Un “salto” generato dal debutto della Renault Zoe (748 unità ad aprile) e dai discreti risultati ottenuti da Leaf (94 consegne ad aprile), Bolloré Blue Car (54) e Smart Fortwo ED (33).
BOOM DI COLONNINE - Le prospettive, dunque, per i sostenitori delle auto elettriche sono positive poiché l'era con la “scossa” è appena cominciata e l'arrivo di nuovi modelli più competitivi, come dimostra la Zoe in Francia, favorirà la diffusione. Una previsione favorita pure dall'incremento dell'infrastruttura di ricarica. Secondo uno studio dell'inglese IMS Research nel 2020 ci saranno 10,7 milioni di “distributori” di energia contro i 135.000 del 2011. Una crescita che dovrebbe garantire una maggiore diffusione dei modelli a batteria, ma che non sarà omogenea nel mondo. A dare il maggiore contributo allo sviluppo della rete mondiale saranno, secondo i ricercatori inglesi, Stati Uniti, Cina, Giappone e Germania.