CUI PRODEST? - Nel braccio di ferro tra Atene (nella foto sopra) e la Commissione Europea c’è un’anomalia che permea uno Stato a serio rischio default: se i consumi della Grecia sono depressi e la parola recessione fa rima con la grandissima difficoltà di arrivare a fine mese, le vendite delle auto vanno a gonfie vele: maggio ha fatto registrare un incremento del 21,6% sul fronte immatricolazioni, e si tratta del ventunesimo segno positivo di seguito.
IL BOOM DELLE AUTO DI LUSSO - Già la cosa sembra in apparente contrasto con le condizioni economiche (che definire precarie è un eufemismo) della Grecia: se si analizzano i numeri, sono marchi come Lexus (+185% nel primo trimestre), Land Rover (+138) e Porsche (+150%) a realizzare gli incrementi più significativi. Il tutto in un quadro che, se si considera tutto il 2014, ha fatto registrare un +21,3% e, per i primi cinque mesi del 2015, vede un aumento delle immatricolazioni che sfiora il 16% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, a fronte del 7% di quanto accade nell’Unione Europea: va da sé che i numeri assoluti siano ben minori rispetto a quelli dei Paesi più grandi, ma se si confronta con il risicato 4% della Germania, un approfondimento non sembra fuori luogo.
BENI RIFUGIO - Le auto sono viste come beni-rifugio: negli ultimi sei mesi, le banche greche hanno lasciato sul piatto il 25% dei propri depositi, con le filiali delle banche che hanno ritirato più di 30 miliardi di euro. Il motivo è tanto semplice quanto, in fin dei conti, foriero di cattivi auspici: il popolo greco, nella querelle che potrebbe portare all’uscita dall’euro, teme per i propri risparmi e li ritira per investirli in beni durevoli. D’altronde, nella neanche tanto lontana Cipro le banche, non più tardi di due anni fa, hanno chiuso, salvo poi riaprire dietro un ferreo controllo dei movimenti di capitale.
CIRCOLO VIZIOSO - Dei soldi ritirati allo sportello è verosimile immaginare che, anziché immobilizzarli, i greci abbiano deciso di convertirli in beni più o meno utili o durevoli, privilegiando la rivendibilità all’estero: qualcosa di già visto a fine estate 2014 in Russia. Gioielli, auto (se tedesche, quasi una beffa per l’economia greca), mobili: è questo il paradosso di un popolo che sente da vicino la povertà, e che per evitarla deve fare leva sul sentore di ricchezza.