LE AZIONI CROLLANO - Non si arresta il crollo in Borsa della Fiat. Dopo aver chiuso, nella giornata di ieri, con un meno 11,9% a quota 4,33 euro, i titoli del Lingotto continuano a sprofondare: a sei ore e mezza dall’apertura di Piazza Affari, le azioni del gruppo torinese hanno già perso un ulteriore 4,57% a 4,13 euro. Va ancora peggio per la Fiat Industrial. La società che raggruppa le attività nel settore di camion e trattori, nata dalla scissione del gruppo avvenuta ai primi di gennaio, ieri è crollata del 13% a 6,09 euro, mentre oggi ha già lasciato sul terreno il 6,49% a 5,69 euro. Negli ultimi sei mesi, i titoli delle due società hanno dunque perso, rispettivamente, più del 40% e del 44% del loro valore. E se a fine dicembre, dunque prima della scissione, le azioni Fiat valevano sui 15 euro, ora la somma delle due società non arriva a dieci euro. Una performance che ha colto di sorpresa molti analisti: soltanto il mese scorso, uno studio della prestigiosa banca d’affari Goldman Sachs scommetteva che le azioni della sola Fiat avrebbero raggiunto i 13 euro.
I FRONTI “CALDI” SONO MOLTI - A minare la fiducia degli investitori, le previsioni di vendita della 500 negli Stati Uniti: l’obiettivo prefissato di 50.000 unità entro fine anno è pressoché irraggiungibile, considerato che finora ne sono state immatricolate appena 8.500 (dati aggiornati a metà agosto). “Ci sono stati dei ritardi nell’allestimento della rete di distribuzione”, ha spiegato l’amministratore delegato Sergio Marchionne (nella foto in alto la concessionaria di Birmingham in Alabama). Tra i fronti caldi del gruppo, c’è pure un mercato emergente come l’India: la joint venture al 50% formata nel 2006 con la Tata Motors non ha dato i frutti sperati, poiché la domanda locale di veicoli a marchio Fiat è stata inferiore alle stime. Motivo per cui la casa indiana ha iniziato a chiedere di rivedere i termini dell’accordo.
CALO IN BRASILE? - Come se non bastasse, a pesare sulla solidità del Lingotto ci si è messo il (presunto) rallentamento delle vendite in Brasile dove, nelle prime due settimane di agosto, la Fiat sarebbe stata superata dalla Volkswagen come prima casa automobilistica del paese sudamericano. Non importa che si tratti di uno scarto di appena 270 vetture e che la leadership della casa italiana non sia in discussione, con oltre 36.700 veicoli venduti in più della rivale tedesca dal primo gennaio al 15 agosto. Le Borse, spesso e volentieri, si lasciano prendere dal panico. Certo è che la crisi economica in Europa e Stati Uniti non aiuta a rassicurare gli investitori, con la Borsa Italiana maglia nera del Vecchio Continente. All’orizzonte, lo spauracchio del pesante debito pubblico del nostro paese, che ha ormai raggiunto i 1.900 miliardi di euro, e lo spettro di una seconda recessione, dopo quella del 2008 legata alla crisi dei mutui “sub prime”. Una cosa è certa: in tempi di crisi, la prima spesa che una famiglia rinvia è quella per l’auto nuova. Naturale, quindi, che le case automobilistiche accusino il colpo. Soprattutto, una casa come la Fiat, la cui solidità finanziaria è appesantita da un debito che ha raggiunto i 6,2 miliardi di euro (sommando quello della Chrysler) e da un mercato europeo dell’auto che si prevede in calo per i prossimi due anni.
SI “SGONFIA” IL PORTAFOGLI DI MARCHIONNE - Il numero uno del Lingotto ha comunque una ragione in più per essere impensierito. Un motivo, per così dire, personale: sta andando in fumo la rendita delle sue stock option, che gli permettono di acquistare azioni della Fiat a un prezzo prefissato. Nel 2004 gli erano state assegnate stock option per 10,67 milioni di azioni a un prezzo unitario di 6,58 euro. Un valore che, a fine dicembre, gli avrebbe consentito d’incassare quasi 80 milioni, ma che adesso ne vale “appena” 29. Peggio ancora per quanto riguarda gli altri dieci milioni di titoli assegnatigli nel 2006 a 13,37 euro: con gli attuali chiari di luna, un eventuale vendita sarebbe in perdita.