Arrivare a un accordo con l’altro conducente dopo avere fatto un incidente è fondamentale, in modo tale da poter ridurre i tempi necessari per il risarcimento e presentare così la richiesta alle rispettive compagnie assicurative. Non sempre però questo è possibile, specialmente se l’altro guidatore non si dimostra particolarmente collaborativo e pretende di avere ragione anche quando potrebbe non averla.
È proprio per questo che per dirimere le situazioni più spinose si cerca di fare affidamento su un testimone: se si tratta di una persona non coinvolta capire di chi sia la responsabilità può essere più semplice. Anche questo, però, è vero solo in parte, come viene specificato da una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, destinata quindi a fare giurisprudenza.
A volte individuare di chi sia la colpa di un sinistro può essere difficile anche se le circostanze in cui questo è avvenuto non sono del tutto chiare. Ne sanno qualcosa molte compagnie assicurative, che si trovano a dover gestire pratiche decisamente lunghe e snervanti anche per gli stessi clienti.
Come capita in molti altri ambiti, un aiuto importante può arrivare dalla tecnologia. In questi casi può essere fondamentale utilizzare lo smartphone che tutti noi abbiamo e scattare foto ai veicoli coinvolti. Questo può permettere di raccogliere prove inconfutabili ed evitare che si debba ricorrere a un giudice per risalire nel dettaglio a cosa sia avvenuto. Questo modo di procedere, a detta della Suprema Corte, è certamente il più efficace, anche rispetto a un testimone. Si teme, infatti, che una testimonianza possa essere condizionata da un accordo preso con uno degli automobilisti coinvolti.
La Cassazione ritiene che in un’era come la nostra, dominata da smartphone e immagini, “non sia normale che un incidente non sia stato fotografato dalle parti in causa per documentare i danni”. Non solo, secondo la Corte “in mancanza di prove fotografiche, la parola del testimone vale meno”. Insomma, la trasparenza prima di tutto.