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Pirelli ai cinesi: è quasi fatta

09 settembre 2015

A ottobre il produttore di pneumatici italiano potrebbe passare sotto proprietà cinese pur mantenendo sede e vertici nel nostro Paese.

Pirelli ai cinesi: è quasi fatta
LANCIATA L'OPA - La Pirelli si appresta a diventare cinese. La notizia la si conosce da marzo (qui per saperne di più), quando è stato firmato l'accordo d'intesa per l'acquisto del gruppo milanese da parte della ChemChina, colosso asiatico già presente nel comparto degli pneumatici. Un'operazione avvallata di recente dalla Consob, la Commissione di vigilanza del mercato mobiliare italiano, e concretizzata il oggi 9 settembre con l'apertura dell'Opa (offerta pubblica di acquisto) che sancirà il passaggio di proprietà. 
 
IL CONTROLLO DEL DRAGONE - Il termine dell'operazione finanziaria è fissato per il 13 ottobre, giorno nel quale lo storico marchio italiano potrebbe passare sotto il controllo del Dragone. La ChemChina, controllata dalla Marco Polo Industrial Holding, possiede già il 25,97% delle azioni Pirelli e con l'Opa potrebbe divenire socio di maggioranza acquistando le azioni ordinarie e quelle di risparmio al prezzo stabilito di 15 euro con un esborso massimo di 5,6 miliardi di euro. 
 
ADDIO PIAZZA AFFARI? - Diverse le ipotesi sulla conclusione dell'Opa con due più accreditate delle altre. La prima prevede l'acquisizione da parte di ChemChina di almeno il 55% delle azioni Pirelli, quota che porterebbe alla fusione delle due società da approvare con voto in assemblea. Più radicale la scelta di arrivare tra il 90 e il 95% di azionariato che porterebbe, oltre alla fusione, alla revoca delle quotazioni Pirelli da Piazza Affari, la Borsa milanese. Un provvedimento che, di fatto, segnerebbe la fine dell'era italiana del Gruppo e l'inizio di quella cinese. 
 
SEDE E VERTICI NON CAMBIANO - A prescindere dall'esito dell'Opa, gli accordi presi a marzo prevedono la conferma come amministratore delegato di Marco Tronchetti Provera fino al 2021 e la permanenza in Italia della sede e del centro di ricerca. Di fatto, sottolinea l'amministratore delegato Pirelli, “management, tecnologie e sede rimarranno italiani e continueremo a gestire Pirelli come abbiamo fatto finora puntando a fare crescere un'azienda che è da sempre multinazionale e attiva sui mercati di tutto il mondo”. A cambiare, però, sarà la possibilità dei vertici di ChemChina di nominare un numero di consiglieri di amministrazione equivalente a quelli designati dai soci italiani.


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Ritratto di impala
9 settembre 2015 - 16:48
una vergogna che si lascia partire cosi una delle piu grande casa industriale d'Italia. Sarebbe stato in Francia o in Germania questo non sarebbe mai stato possibile.
Ritratto di Angelotorino
10 settembre 2015 - 20:25
Hai fatto cinque errori in due righe.
Ritratto di onlyroma
13 settembre 2015 - 10:00
ok,ma ne avrebbe potuti fare 6.
Ritratto di truthorno
9 settembre 2015 - 17:59
"Strano" nessun politico, sindacalista, giornalista si straccia le vesti. ... già non si chiama Fca.
Ritratto di AMG
9 settembre 2015 - 23:26
Un doloroso rimpianto. A questo punto dovrebbe anche importarci meno se la Pirelli rimane in F1. No, rimane comunque tutto italiano (per quel che si può dire) per ora cambia solo la "proprietà" che non è nulla di rilevante. Un rimpianto solo che questa passi ai dannati cinesi.
Ritratto di Lo Stregone
10 settembre 2015 - 09:56
Che tristezza. Il nostro genio è morto. Ma io so di chi è la colpa. Prossimamente compreranno anche le nostre vite.
Ritratto di monodrone
10 settembre 2015 - 10:30
Non vedo il problema. L'importante è garantire i posti di lavoro. Siamo stati lo zerbino dei maledetti americani per 70 anni. Adesso a comandare il pianeta sono i cinesi. Meglio Taoista che ebreo.
Ritratto di Lo Stregone
10 settembre 2015 - 15:13
Non importa che marchio abbiamo, schiavi rimaniano sempre.
Ritratto di style98
10 settembre 2015 - 15:37
porcodue . che tristezza, nse po vedè che un grande brand come la pirelli passi nelle mani dei più grandi copiatori del mondo
Ritratto di onlyroma
13 settembre 2015 - 10:07
In 20 anni siamo riusciti a far morire buona parte della nostra storia industriale. Il made in Italy non esiste più. Grazie a politiche demenziali e a scelte che hanno arricchito pochi per impoverire un intera nazione. Il problema è che questo scempio sta continuando,oggi si chiama jobact o buona scuola,e noi stiamo qui a guardare tutto senza far nulla. Stiamo lasciando ai nostri figli un paese da dopo-guerra. Solo macerie e zero futuro.

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