LANCIATA L'OPA - La
Pirelli si appresta a diventare cinese. La notizia la si conosce da marzo (
qui per saperne di più), quando è stato firmato l'accordo d'intesa per l'acquisto del gruppo milanese da parte della
ChemChina, colosso asiatico già presente nel comparto degli pneumatici. Un'operazione avvallata di recente dalla Consob, la Commissione di vigilanza del mercato mobiliare italiano, e concretizzata il oggi 9 settembre con l'apertura dell'Opa (offerta pubblica di acquisto) che sancirà il passaggio di proprietà.
IL CONTROLLO DEL DRAGONE - Il termine dell'operazione finanziaria è fissato per il 13 ottobre, giorno nel quale lo storico marchio italiano potrebbe passare sotto il controllo del Dragone. La ChemChina, controllata dalla Marco Polo Industrial Holding, possiede già il 25,97% delle azioni Pirelli e con l'Opa potrebbe divenire socio di maggioranza acquistando le azioni ordinarie e quelle di risparmio al prezzo stabilito di 15 euro con un esborso massimo di 5,6 miliardi di euro.
ADDIO PIAZZA AFFARI? - Diverse le ipotesi sulla conclusione dell'Opa con due più accreditate delle altre. La prima prevede l'acquisizione da parte di ChemChina di almeno il 55% delle azioni Pirelli, quota che porterebbe alla fusione delle due società da approvare con voto in assemblea. Più radicale la scelta di arrivare tra il 90 e il 95% di azionariato che porterebbe, oltre alla fusione, alla revoca delle quotazioni Pirelli da Piazza Affari, la Borsa milanese. Un provvedimento che, di fatto, segnerebbe la fine dell'era italiana del Gruppo e l'inizio di quella cinese.
SEDE E VERTICI NON CAMBIANO - A prescindere dall'esito dell'Opa, gli accordi presi a marzo prevedono la conferma come amministratore delegato di Marco Tronchetti Provera fino al 2021 e la permanenza in Italia della sede e del centro di ricerca. Di fatto, sottolinea l'amministratore delegato Pirelli, “management, tecnologie e sede rimarranno italiani e continueremo a gestire Pirelli come abbiamo fatto finora puntando a fare crescere un'azienda che è da sempre multinazionale e attiva sui mercati di tutto il mondo”. A cambiare, però, sarà la possibilità dei vertici di ChemChina di nominare un numero di consiglieri di amministrazione equivalente a quelli designati dai soci italiani.