LA PERIZIA - L’imprenditore Claudio Salini guidava ben oltre i limiti di velocità nei secondi precedenti al terribile impatto (
qui sopra nella foto di Leggo) che gli avrebbe tolto la vita. Lo ha stabilito l’ingegner Mario Scipione, a cui è stato affidato il compito di ricostruire le modalità dell’incidente, verificatosi lo scorso 31 agosto sulla strada a scorrimento veloce Cristoforo Colombo. Salini perse il controllo della sua Porsche 911 e finì contro un albero. Il tecnico nominato dalla Procura ha stabilito che l’automobile procedeva ad una velocità compresa fra 190 e 200 km/h, sbandando anche per colpa di un avvallamento del manto stradale.
NESSUNA MANOMISSIONE - Scipione ha escluso l’ipotesi del sabotaggio ai freni o alla centralina. Queste illazioni emersero già nelle ore successive al fatto e sono legate ad alcuni episodi ancora poco chiari: all’imprenditore furono indirizzate minacce di morte, subito denunciate alle autorità. Salini rimase vittima anche di un tentativo di estorsione. La relazione elaborata dal tecnico non chiarisce perché il 46enne guidasse a velocità così sostenuta, ma il Corriere della Sera ipotizza che l’uomo volesse provare l’automobile nuova. Scipione non ritiene che vadano imputate responsabilità ai funzionari del comune, che avrebbero dovuto giudicare in altri termini la pericolosità dell’avvallamento.
VELOCITÀ SOSTENUTA - Le indagini dimostrano invece che l’automobile ha si perso aderenza per colpa dell’avvallamento, ma soltanto a causa della velocità sostenuta: la depressione sul manto stradale non è stata ritenuta profonda a sufficienza per rivelarsi pericolosa. Salini era amministratore delegato di una grossa azienda nel settore delle costruzioni ed era cugino di Pietro Salini, a capo di un’altra società fra le maggiori nel ramo delle costruzioni e dell'ingegneria.