AUTARCHIA - Giro di vite alla russa: il premier Medvedev ha posto il veto sugli acquisti di auto straniere da parte dell'amministrazione centrale e di quelle locali, con lo scopo dichiarato di favorire i produttori locali. Si parla delle auto di rappresentanza (in pratica, le “auto blu” di oltrecortina), dei mezzi per il pubblico trasporto, delle macchine agricole e per il movimento terra e delle ambulanze: l'ufficialità arriva da un comunicato sul sito web del Governo russo.
CRISI MA NON SOLO - Il provvedimento è figlio di una crescita economica fortemente rallentata in Russia a partire dal 2009, ma anche - come sottolineano i più maliziosi - delle minacce di sanzioni da parte dell'Unione Europea nei confronti della Russia per l'annessione della Crimea. Il mercato del nuovo a giugno 2014 è sceso ai livelli del 2010, anche a causa dell'indebolimento della divisa nazionale, il rublo; il più grande produttore locale, AvtoVaz, prevede un taglio di personale pari al 19% entro l'anno. E non va dimenticato che in AvtoVaz (da noi noto per il marchio Lada) è controllato dai capitali esteri franco-nipponici di Renault-Nissan.
SOLO MEZZI LOCALI - La spiegazione è nelle parole di Medvedev: “Lo Stato compie acquisti ingenti, e a budget vi sono forti risorse per l'acquisto di beni e servizi. È meglio che queste finiscano ad aziende nazionali anziché a compagnie straniere nei casi in cui le prime siano in grado di competere con le seconde per qualità e prezzo”. A dire il vero, basta dare un'occhiata alla gamma dell'AvtoVaz per capire come, rispetto a gran parte della produzione estera, l'ultima parte dell'analisi di Medvedev sia intrisa di orgoglio nazionalistico: in pratica, le Lada russe sono le attuali Dacia con l'aggiunta della sempiterna Niva, il cui progetto risale al 1971. Ma, a ben rileggere l'ordinanza, il blocco si applica ai veicoli costruiti fuori dalla Russia, non alle marche straniere. Quindi, di fatto, spinge quei costruttori che già non lo hanno fatto (la Skoda è uno di questi, foto in alto) ad impiantare fabbriche sul suolo russo con inevitabili ricadute positive per l'occupazione e l'economia.