SITUAZIONE PESANTE - La pandemia ha messo a dura prova la tenuta del settore automobilistico. Molte compagnie, già in difficoltà prima dell’emergenza sanitaria, hanno dovuto rivedere i loro piani di sviluppo. Tra di esse rientra la coreana SsangYong, che non avendo più ricevuto finanziamenti dal suo principale azionista, l’indiana Mahindra, che controlla il 74,65% delle quote, è stata costretta a presentare al tribunale di Seul, un’istanza per accedere all’amministrazione controllata.
INSOLVENTE - Quest’azione si è resa necessaria perché la SsangYong è risultata inadempiente al rimborso del prestito di circa 60 miliardi di won (45 milioni di euro) con gli istituti di credito stranieri (30 miliardi dovuti a Bank of America, 20 miliardi a JPMorgan Chase & Co. e 10 miliardi a BNP Paribas). La casa automobilistica coreana, inoltre, presentando un programma di sostegno per la ristrutturazione del debito, che dà alla SsangYong fino a tre mesi di tempo per negoziare con le parti interessate, compresi i creditori, ha la possibilità di ritardare la decisione del tribunale sulla domanda di amministrazione controllata.
LA STORIA SI RIPETE - Una situazione simile a quella verificatosi nel 2009, in seguito alle conseguenze del “crack” della Lehman Brothers. In quel caso ci pensò la Mahindra a sanare la situazione acquisendo la SsangYong dalla cinese Saic, che ne deteneva la proprietà, per una cifra pari a 230 milioni di dollari. Nonostante le iniezioni di capitali della nuova proprietà indiana, la casa coreana non si è mai veramente ripresa, registrando, tra gennaio e novembre 2020, solo 96.825 unità vendute, in calo del 20% rispetto il periodo precedente.
QUALE FUTURO? - Il futuro della SsangYong, con l’indiana Mahindra che ha ormai deciso di vendere la sua quota di maggioranza, resta quindi un rebus. Sullo sfondo l’ipotesi salvifica del Gruppo Hyundai che potrebbe decidere di rilevare dalla compagnia indiana il pacchetto del 75% del capitale.