ARTIGIANALITÀ ITALIANA - È durata quattro anni appena, dal 1946 al 1949, l’avventura della Testadoro. La storia di questa piccola officina torinese, che deve il suo nome al colore dorato delle speciali testate dei motori Fiat 508 “Balilla”, realizzate mediante fusione del bronzo a cera persa, racconta di una piccola bottega e dei suoi abili meccanici e battilastra. Veri artisti del metallo in grado, con le nude mani, partendo da modelli in clay, di trasformare modelli popolari in piccoli bolidi capaci di imporsi, grazie ai loro motori maggiorati, in alcune delle più importanti gare dell’epoca.
DOPO SETTANT’ANNI, LA RINASCITA - Quei tempi romantici e appassionati, in cui al volante di piccole derivate della Fiat Topolino come la Sport, la Drin-Drin, la Marinella e la Daniela si sono fatti le ossa tanti aspiranti piloti e due futuri grandi dell’automobilismo come Elio Zagato e Nuccio Bertone, sono tornati. Dietro la rinascita della Testadoro ci sono il volto e la passione dell’artista piemontese classe ‘71 Dario Pasqualini, che ha scoperto il marchio Testadoro nel 2017 e l’ha rilevato due anni dopo, deciso a riportarlo in vita dopo quasi settant’anni di inattività.
UNA BARCHETTA NATA PER CORRERE - La prima creatura della rinata Testadoro, alla quale Pasqualini aveva cominciato a lavorare più o meno due anni fa in una piccola officina alle porte di Torino, ha visto la luce. Si tratta di una bassa e filante barchetta basata sul progetto, abbandonato nel 1951 e da allora rimasto incompiuto, di una Fiat 1100 da corsa modificata all’epoca dal costruttore torinese per gareggiare nella classe 1100 Sport Internazionale.
RIFATTA DA CAPO, COME L’ORIGINALE - Pasqualini, che ha alle spalle studi artistici al liceo Cottini di Torino e sin da ragazzo ha amato “sporcarsi le mani” con i vecchi attrezzi del mestiere, si è occupato dell’intera progettazione del veicolo. A cominciare dal disegno della carrozzeria e dalla realizzazione del mascherone per la battitura delle lamiere, affidata agli artigiani della martelleria Giacometto di Cumiana (TO). Al telaio, costituto da una struttura di tubi in acciaio al Cromo-Molibdeno, ha lavorato invece il milanese Martino Colombo: non uno specialista “qualunque”, bensì un discendente di quel Gilberto che costruì le Testadoro degli anni ’40. A eccezione della testata Testadoro (ormai introvabile) e del basamento (prelevato da una più recente Fiat 1100 R perché l’originale era crepato), è identico a quello di una volta anche il motore Fiat “1100”, modificato con una nuova coppa dell’olio maggiorata e un coperchio valvole in alluminio progettato ad hoc.