ECONOMIE DI SCALA - Anche la Volvo, come la Fiat, è alla ricerca di un’anima gemella. In un’intervista al quotidiano Financial Times, l’amministratore delegato della casa svedese, Stefan Jacoby, lo dice chiaro e tondo: “Siamo aperti a una collaborazione paritetica per la condivisione di piattaforme e motori, oltre che per avviare economie di scala”. Il manager si è subito affrettato a precisare che “non è stata ancora presa alcuna decisione in merito”, ma ha sottolineato che la partnership riguarderà la produzione di auto di piccole dimensioni. Verosimilmente, si tratterà di replicare quanto fatto nel 2007 per la C30, basata sulla tecnologia sviluppata per la Focus dalla Ford, cui al tempo faceva capo la casa di Göteborg (dal 2010 la proprietà è passata alla cinese Zhejiang Geely per 1,16 miliardi di euro).
SI PUNTA ALLE “PICCOLE” - La Volvo è così alla ricerca di un modo per penetrare più a fondo nel competitivo mercato delle piccole vetture, dividendone i costi con un costruttore abituato a competere in un segmento dove sono gli alti volumi di vendita a fare la differenza. Un salto di livello che la piccola casa svedese, che lo scorso anno ha venduto poco meno di 450.000 vetture, difficilmente può riuscire a compiere da sola.
MOLTE CASE SONO A CACCIA - Del resto, l’industria dell’auto è in movimento. A partire dalla Fiat-Chrysler che, mentre è alla ricerca di un nuovo partner (la Psa Peugeot-Citroën?), nei giorni scorsi ha concluso un accordo con la Suzuki per la fornitura di 100.000 motori diesel in tre anni all’indiana Maruti, controllata al 54,2% dalla casa giapponese. Anche la Mercedes ha avviato una serie di progetti di cooperazione con la Renault e la Nissan, non ultime nel segmento delle utilitarie.